27 dicembre, 2009

La camera dello sguardo

La grande fotografia italiana in 98 opere firmate da 29 maestri. da Giacomelli a Berengo Gardin, da Scianna a Toscani.
Fino al 21 Marzo 2010 a Palazzo Sant’Elia (via Maqueda, 81 Palermo) sarà allestita una mostra che ripercorre circa 50 anni di storia della fotografia italiana. La Camera dello sguardo potrà essere visitata gratuitamente dal martedì alla domenica, dalle 9 alle 13 e dalle 16 alle 19:30. Chiusura il lunedì.
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L’evento, curato dal critico d’arte Achille Bonito Oliva, ha il titolo suggestivo ed evocativo di “Camera dello sguardo” ed infatti negli scatti dei 29 autori si materializza lo sguardo sociale che è divenuto negli anni espressione di un’Italia che è cambiata e continua a cambiare. Sguardo soggetivo nato nella soggettività della camera/macchina fotografica che è stato capace di fissare e liberare altri sguardi fino a narrare un racconto collettivo.
Lo stesso Bonito Oliva, curatore del testo critico in catalogo afferma: « […] la fotografia non è casuale e istantanea, non è il risultato di un raddoppiamento elementare, bensì di una messa in posa che complica e rende ambigua la realtà da cui parte”. Bonito Oliva definisce “pathos della distanza” la “consapevolezza di una presenza, di un diaframma costituito dal linguaggio figurativo che permette di denominare le cose ma non di possederle”. Da qui, dalla posizione volutamente ‘aliena’ del fotografo, trae origine il titolo della mostra, il riferimento forse a prima vista enigmatico a quello spazio blindato e asettico che è l’occhio del fotografo, camera dello sguardo, appunto, strumento preciso per accedere alla conoscenza, il rovescio della medaglia, secondo Bonito Oliva, della “perdita”».
Oltre all’invito ad andare a vedere (ma sarebbe meglio guardare) la mostra che tra le altre cose, sottolinea la crescente attenzione di questa città per la fotografia, declinata nei suoi molteplici intenti comunicativi, ho l’occasione per condividere alcuni estratti di uno scritto del geografo ginevrino Claude Raffestin.Una lettura universitaria che però si è fissata nella mente e oserei dire, nel cuore. I passi che qui posto sono tratti da “Dalla nostalgia del territorio al desiderio di paesaggio. Elementi per una teoria del paesaggio (2004)”.
« […]i paesaggi sono delle immagini del reale o dell’immaginario, artistiche e/o scientifiche le cui funzioni, nell’addomesticamento o nella simulazione,sono quelle di colmare un’assenza o una lacuna. L’assenza o la non disponibilità di un territorio crea il desiderio di un’immagine. La lacuna o l’ignoranza nel campo della conoscenza provoca lo stesso. Il paese inteso come realtà materiale costituisce una promessa di paesaggi virtuali, i quali si realizzeranno quando si porterà sull’oggetto uno sguardo nuovo. Prima dell’emergere di questo sguardo sul paese siamo nella fusione: l’oggetto materiale assorbe interamente, totalmente, le immagini potenziali. Lo sguardo provoca una fissione, cioè una “liberazione” creatrice di una catena ininterrotta di immagini. Uno sguardo nuovo mette in circolazione una nuova moneta, o se si preferisce, nuove rappresentazioni che man mano hanno “corso legale” nella cultura di una società e che la condizioneranno “fino al prossimo sguardo creatore” che imporrà la sua moneta. La storia è seminata di sguardi geniali che hanno cambiato la visione delle società e che hanno insegnato all’uomo della strada per vedere ciò che non vedeva in precedenza.Se la nascita di uno sguardo nuovo è un fenomeno individuale, la sua diffusione è interamente sociale.»
Sarebbe difficile commentare oltre, le sue parole. Né penso debba essere il mio compito (non ne sarei all’altezza). Aggiungo solo l’augurio che in negli scatti della mostra come in qualsiasi altro che farete o guarderete si liberi il vostro sguardo e si plachi la nostalgia di un paesaggio che non c’è, ma che portate dentro.
elisabetta costantino

foto: "autoritratto" di dino pedriali
info sulla mostra: da comunicato stampa

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