22 dicembre, 2009

Protocollo Narcron, "Atmosfera di natale", ultima puntata, di vitobenicio zingales






ATMOSFERA DI NATALE, ultima puntata.






24 dicembre 2001, milano, atmosfera di natale.






Nonostante giungano da "obbedienze" diverse, vi sono uomini che sembrano condividere, degli intendimenti universali, perfino gli aneliti più intimamente connessi al senso della propria origine. l'appartenenza a "fratrie" diverse non impedisce al loro legame, nato "umanamente" per quei superiori intendimenti, di trasformarsi in luce che trabocca per il mondo. la comunanza avviene per quelle ragioni spirituali che trovano il loro nucleo d'origine nell'evento e nel principio Uomo e più precisamente tra le verità radianti dal Mistero del Golgota e dall'evento Cristo.
ci sono uomini che domandano d'amare il mondo.
nella terra, fra clamori ragionati e irragionevoli sordità, sono pensatori impertubabili, uomini di buona volontà che come arti dell'universo, sforzandosi di unirsi ai flutti della luce, ordiscono donare alla forza del pensare quel calore che, nel tempo, riuscirà ad avvolgere in una unità raggiante l'uomo e il mondo.
nonostante le inqualificabili avversità, le notevoli intemperanze e le trame dell'oscuro, questi ignoti tra noi collaborano al tessere dello spirito per permettere all'Io dell'Universo di donare, aldilà della parvenza del mondo, quella forza che ogni Io, nell'ottusità dei sensi, è al contrario impotente a dare a se stesso.
Seduti uno a fianco all'altro su una panchina, tra le volte di cristallo della stazione ferroviaria di milano, nicolai volle tributare quel raggio di pensiero al proprio fratello. si era in piena atmosfera di Natale. a quella spirale radiante, afferrando il pensiero dal medesimo germoglio e anelando una comunione profondamente e perfettamente spirituale, il massone tedesco, intese rispondere con altrettanta luminosità d'animo.
sulla banchisa il solito formicolare d'uomini: scie di pensieri fluttuavano dalle fredde rotaie verso potenti impulsi, là tra le distanze nell'ordire di superiori presenze. fra arrivi e partenze, nel gocciolare lento delle attese, pochi uomini, lì permeati dal proprio evento, osavano afferrare il senso intimo e nascosto del proprio Io, perchè potesse l'anima cosciente del mondo elevarsi, in ogni tratto del globo, dalle ottuse regioni dei sensi e prodigare ancora germi di vera intellettualità. l'eco del ferro, per lo strisciare degli imponenti locomotori, da uno scambio all'altro, innescava la consueta disputa con il gocciolio oleoso grondante dalle muscolose centine d'acciaio. nella "galleria" erano soprattutto i mille empori a sovvertire il senso delle attese, sebbene le vocalità metalliche detonanti dagli altoparlanti osassero impedire alle chiacchieranti stanzialità di concentrarsi attentamente sulle merci e sui prodotti esposti fra le ribalte, con scrupolosa cura e laboriosa scienza. alla "centrale", dalla opulenta "galleria" alle penombre viziate dall'unto rifrangersi delle scale mobili verso i sotterranei, su tutti era il grandioso meccanismo del tempo, con le sue algide logiche e con la propria conturbante capacità amministrativa: passato e futuro sospesi fra i lampi disomogenei del contigente. il connettersi di quei precipitati, simulava però soltanto un ordito di logiche false per permettere forse all'umanità, là compressa, di disimparare quei processi che, innescato il dubbio, avrebbero concesso agli uomini, invece, di guardare oltre l'esperienza. l'unica forma declinata al presente tentava a fatica di leggittimarsi aldilà dell'apparenza: dalle parole, che calcinavano un processo pensante tra i passeggeri in arrivo e in partenza, alle rare pause che stagliavano l'ondulare di quelle perverse e ragionate velocità. quell'unica forma vivificava nei vecchi, eletti tra i tanti, abitanti gli spazi dell'atrio attesa della gigantesca stazione. scomponendosi dai tasselli dell'arbitrio e dalle tessere del dominio, quegli uomini,così isolati dal resto del mondo, ignoti più che mai al ragionare delle necessità materiali, gemmavano quelle particolari frontiere verso cui la ragione del meccanismo e le leggi dell'esperienza nulla potevano opporre. nell'asse binario passato-futuro, i vecchi, distribuiti armoniosamente, come raggiere di pensiero, tra le falle di quella ingegneristica rappresentazione del mondo, erano al presente, provenienti da armonie passate e precipitanti fra i lievi culmini solari del futuro. i loro destini, dalla scena dominante pretendevano solo 3 palchi, 5 sedie e 7 calici ricolmi d'acqua.
dentro la pelle della stazione, dalle loro panchine, come presenti sconosciuti, custodivano i segreti più intimi e remoti.
nicolai e valentin discutevano di quel tessere superiore, ma anche dell'ordire del maligno. le loro parole erano flutti di luce. in quel tempio, ad oriente del grande portale, dai loro improvvisati scranni, di fianco a quegli eletti sconosciuti, prodigavano elevare i propri pensieri al generoso creare degli dei.
l'eco dei colpi rimbombò tra le distanze, sul frammentarsi in alto dell'acciaio e sul cadere in basso del cristallo.
due lampi di fuoco apparvero da occidente, disgregando in apparenza l'atmosfera di Natale.
il sibilo dei colpi sfiorò la schiera dei vecchi. le vetrine percepirono l'istante della scia, ma non riuscirono a capire se sulla traiettoria galleggiasse uno di quei virtuali futon irraggiato nell'aria per celebrare la natività. sebbene fossero state addestrate ad un ragionare superiore, non appena quella inaspettata circostanza dissolse nell'aria, tornarono ad essere fattori elementari, privi di necessità ordinatrici.
nicolai e valentin, trafitti da quel fuoco mortale, morirono all'istante. ebbero, forse, solo il tempo di ricambiare ai vecchi un ultimo, isolato e più che imprendibile sorriso. il pulsare dei loro cuori simultaneamente arrestò l'orda di quella eco, triofando sul senso sagittale della morte.
da quell'evento, concepibile solo dall'esperienza, per cinque giorni calò l'oscurità più totale. dornach, waiblingen, primacroce vennero devastate dal fuoco e dall'infamia. dalla russia all'europa, dalle due americhe all'australia l'incendio propagò con virulenta e proditoria forza devastando virgulti e colonne, templi e memorie. in quei giorni altri "prescelti" furono chiamati e molti uomini di buona volontà subirono l'arroganza di un potere cieco e di un'infame mannaia.

la panta rei ricordò ai potenti del mondo di vantare una serie di antichi crediti...
su quella parabola aldilà di quel colpo mortale vibrò la menzogna, l'inganno e l'ipocrisia.
la Verità e il Cristo mai come allora furono così barbaramente violati.
cinque giorni dopo, tra il 29 e il 30 dicembre, a più riprese, da latitudini diverse, nonostante l'oscura repressione, la rivelazione venne comunicata.
dal primo primo gennaio 2012 il mare cominciò ad ingrossare sulle coste dell'inghilterra. tra febbraio e marzo, nello stesso anno, a new york esplosero ira e odio. e a roma, in quella primavera, il primo degli incendi colpì il colonnato di pietro.


FINE
vitobenicio zingales
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foto di martina zingales

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