
meglio e preciso.
la piazza è rotonda, sul piano e nel mezzo del paese. da una parte è la matrice e dall’altra restano il municipio e il circolo. da una paiata d’anni l’assessore ai giardini c’ha piantumato palme e gerani. un tocco di colore e di verde che non fa proprio male, anzi, diciamo noi altri, così pittata assomiglia alle femmine tutte in tiro per la festa di sant’eustachio. proprio al centro è il monumento ai caduti della seconda grande guerra, coi nomi dei nostri patrioti compaesani, scritti nel marmo della stele. piazza umberto 1°, che è così a chiamarsi, nonostante il progresso, è rimasta tale e quale a quando ero picciotto, più o meno. certo, qualche modernità rispetto ai vecchi tempi ora c’è, ma l’intimo è sempre quello: rotonda, nel piano, con i cristiani da una parte e i minchioni dall’altra. io, che sono uno di quelli dei vecchi tempi, questo lo posso dire come un fatto e in parola. la piazza è cosa che non può cambiare anche se ti metti là a scavarci fossi o a inventarti le minchiate più inutili. c’hanno provato, credetemi … e minchia se non c’hanno provato. soprattutto cristiani disonesti e forestieri leggeri. si, quelli che s’annacano. quelli che promettono e chiacchierano, soprattutto quelli che minchioneggiano col culo degli altri. c’hanno provato, per soldi e buttanerie, per stravaganterie o per favorire un qualche brigante, uno di quelli loro: tutto annacamento e appartenenze. ma se l’idea era quella di fottere soldi e usanze, a quelli, alla fine, solo occhi per piangere sono rimasti e mosche, si … tanta merda e tante mosche. qui, al paese, è così. magari ci scanniamo per quanto sale dobbiamo alla terra o per quale passo dovrebbero infilare le vacche, ma quando è cosa che ci tocca nell’intimo … “minchia!”: non c’è santo in paradiso a cui rivolgere un’ave maria. balatoni diventiamo, uno appresso all’altro … che a sconsarli neppure il più cornuto dei diavoli ce la farebbe. e mica c’annachiamo noi!
questo è il mio paese e questa è la mia piazza. tutto il resto non mi appartiene e se così non fosse, minchiate resterebbero e da malaminchiata vivrei.
e mi metto seduto.
meglio e preciso.
da qui, che alle spalle c’ho vicè, sensale del ghiaccio e varviere di fino, mi governo tutto il tempo che voglio e tutto il tempo che voglio me lo infilo tra lisca e pupille. come quando i formichi escono per il mondo e per quella santa ragione che hanno di riempire tana, spirito e pancia. e in fondo, noi, siciliani del paese, se ci pensate bene, a questi armaluzzi proprio c’assomigliamo, vuoi per la pazienza, vuoi per quella forza che in molti desidererebbero vedere morta, fottuta e sepolta. ma noi, che della terra e del mare sappiamo le voglie, siamo come quegli ulivi piantumati nell’acqua, tra riflessi di gebbia e “parole di squama”. e pari ai protomartiri, unti dall’onnipotente Dio, la schiena l’abbassiamo, ma per dare alla terra il motivo più intimo del sangue. a noi, i vecchi, hanno insegnato che la meglio parola è quella che non si dice … e noi muti siamo rimasti, per comando e per virtù. ora, però, ai picciotti ci brucia … e se il pane manca, il diritto di alzare la lisca ce l’hanno tutto, eccome se non ce l’hanno! e come diceva mio padre: aranci aranci, e all’anno, cu avi i guai si chianci.
“salutiamo … e oggi? e oggi com’è?”
“uguale a ieri compare, ma minchia ... più caldo c’è!”
“e ci sono cose che proprio non le possiamo cambiare … “
“meglio e preciso, compare. ti puoi mettere con la santa ragione, ma questo caldo … “
“e ragione avete vicè … ma quello che viene dal cristo onnipotente, alla terra non fa specie … avete sentito, invece, il bordello che fanno a roma?”
“e quelli minchioni sono! s’annacarono e ora solo l’annacata ci resta”
“si sono fottuti la legittima e negli ultimi anni pure la buona decenza …”
“ma che razza di cristiani sono?”
“compare: animali sono … e della peggio razza!”
“ci sono buttane che esercitano il mestiere con onore e rispetto, ma questi, vicè mio, pupi sono, e senza dignità!”
“e poi dicono la mafia … e si riempiono la bocca con le solite minchie di parole … come se fossimo ciechi e ‘gnoranti peggio delle peggio bestie.“
“la mafia? e che minchia è? io so soltanto che un cristiano, per peso e capienza, in due categorie si divide: quello a verso, con l’onore nel sangue e il rispetto che la strada gli porta, e quello infame, col disonore nel cuore e la falsità al posto del pane che mangia. briganti sono! e non lo sanno che dal fango figlia fango? e non lo sanno che la verità è come un colpo di pallettone?”
“compare: e a furia di fottere il prossimo, “quelli” il senno lo hanno smarrito … prendete l’acqua della gebbia di compare totuccio, ad esempio. tira oggi e tira domani e il torbido, dal fondo della vasca, alla fine, è venuto su, e con tutto il suo marcio. l’infamia è figlia della coscienza sporca …“
“e i cristiani senza onore leggeri sono … come la merda che galleggia sul pelo dell’acqua … “
“per l’appunto. c’hanno nascosto la verità, come se il colera fosse giunto da chissà quale carogna … oggi, però, sappiamo da dove è arrivato il tanfo … e soprattutto per quale minchia di perché è figliato il morbo. l’avidità … compare … l’avidità. ma di quale minchia di mafia parlano … se c’hanno pure l’attentatone nella coscienza … “
“e già … poveri cristiani … per gli onorevoli di roma, “quelli” scassa minchia erano … ma il potere, e quei certi affari, le zaffate le lasciano nell’aria e, credetemi in parola, come cani di caccia, alla verità, i due, ci stavano arrivando … e ora ne vedremo … e si, ne vedremo proprio delle belle … “
“pensate a quello che penso io, caro compare?”
“ormai alla testa del grano ci sono arrivati e quello che c’era da spolpare l’hanno spolpato. ora, ‘sti infami, per non farsi la galera e finire col culo nel fango, come alle bestie si scanneranno, ma … “
“ma?”
“o s’infameranno tra loro oppure useranno quella minchia di parola: la mafia!”
“e come?”
“come alle buttane! o col tritolo o con la pagina di un giornale … “
“è finito il tempo d’annacarsi!”.
“meglio e preciso!”
“meglio come al vento nel cielo e preciso come un falco a piombo.”
“vertenze … tra surci e serpi. come tra buttane e magnaccia!”
“già … buttane!”
è caldo. e silenzio. che da punta a punta manco una mosca. così pare, ma credetemi in parola, là buttati, mille occhi nell’aria ci sono. che ascoltano, firrìano e sanno. e se passerete da queste parti, a dio piacendo, mi troverete al solito posto. di lato, vicino l’inferriata delle scuole, a godermi il sole a piombo e una qualche signorina che di là passa per gli occhi dei soliti minchioni.
meglio e preciso. in piazza. che il mondo è là fuori, ma a me? ma che minchia me ne fotte a me …
Foto di Martina Zingales
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