30 novembre, 2010

Focus on... Giorgio Faletti

B.C.Dalai editore, € 20,00
 «La sorpresa è uno degli elementi più difficile da dare ai propri lettori, se non il più difficile (…)».
Questa affermazione di Giorgio Faletti è probabilmente il riassunto di ciò che lo contraddistingue da altri ed è anche la frase che francamente ha colpito di più chi vi scrive, sia perché la condivido, sia perché penso che trovare un autore che sia cosciente di ciò e che sappia dimostrarlo attraverso i suoi scritti, beh... Non è così scontato come sembra!
La presentazione del suo nuovo romanzo si è svolta a Milano presso la Libreria Feltrinelli di Piazza Piemonte, lunedì 15 novembre. Presentazione carina e coinvolgente che ha fatto emergere aspetti noti dell’autore, quali ironia e bravura, ma anche curiosità che ho provato a sintetizzare per poterle condividere e renderle note anche a voi, fans sfegatati dell’autore o semplicemente lettori modesti e curiosi.


Un presente chiede se il fatto di radicarsi molto in un ambientazione precisa a livello geografico possa rappresentare un limite per chi non conosce il luogo di cui si tratta nel romanzo e l’autore prova formula una sua teoria, dando anche una definizione precisa del “dovere” di un autore: «Io penso di no» - dice Faletti, «Io penso che il compito
dell’autore sia prendere delle persone e farle immedesimare ed entusiasmare ad un ambiente che è lontano migliaia di chilometri da loro. Questo, infatti, penso possa essere la spiegazione del successo de “il cacciatore di aquiloni”, che ha scalato le classifiche mondiali. Quanti di noi sono stati in Iraq?».
Carino è anche pensare a come un autore si avvicina alla scrittura di un romanzo, se la storia è già chiara nella mente o se ci si fa trasportare dallo sviluppo degli eventi, e Faletti ci esprime ciò che vive - «In realtà non ho una regola fissa. Quando ho scritto romanzi precedenti avevo le idee molto chiare, sapevo il percorso che stavo facendo, fermo restando che se in corso d’opera trovi qualcosa di meglio, adatti il percorso. Per questo romanzo avevo un percorso in testa che era un pochino fumoso me lo sono un po' costruito e scoperto in corso d’opera. È il primo romanzo che, procedendo nella composizione, mi ha fatto trovare un finale che mi ha soddisfatto di più della mia idea originaria e di conseguenza, quando sono stato “illuminato sulla strada di Damasco”, mi sono sentito Gesù Cristo, è stato un momento fantastico. Il processo di questo romanzo è un pò diverso da quello dei precedenti».


Giorgio Faletti non è solo uno scrittore. È ben altro… Tante componenti influenzano quella che è il suo stile e quindi la domanda sorge spontanea: Quanto influiscono l’essere comico, attore, cantante nell’essere autore? - «Nella mia vita ho avuto diverse esperienze, alcune coronate dal successo, altre meno… Ma in questo percorso ho imparato tante tecniche, a scrivere un pezzo comico, ho imparato a scrivere canzoni, a succintare una storia in 4 minuti, a creare battute e mettere in piedi uno slogan. La battuta è l’esaltazione della sintesi con cose che nel tempo diventeranno luoghi comuni. Quando scrivi un romanzo è totalmente diverso. La cosa più preoccupante per un autore è scrivere il capitolo primo e sapere che ne devi scrivere 40, quindi non vedi l’ora di arrivare alla fine. Però in corso d’opera ti trovi dei frammenti e allora siamo alle prese con un capitolo, che in realtà è un libro più piccolo, ha un inizio e una fine.
Ci sono dialoghi o frasi che scrivi in determinate situazioni, sono le frasi che poi il lettore si ricorderà. Il problema è che, quando fai un pezzo comico e fai 5 battute, il lettore se ne ricorda 1-2, ma quando scrive un romanzo l’autore non può mai sapere quale tra le battute il lettore o lo spettatore si ricorderà, allora devi curarle tutte con la stessa attenzione, come se tutte fossero Miss Italia, tutte potrebbero salire sul piedistallo…».

La bravura di Giorgio Faletti-scrittore è un piacere di cui non solo noi italiani beneficiamo, ma è opportuno ricordare che i suoi successi sono noti anche all’estero, per esempio in Inghilterra “Io uccido” è uscito a marzo ed è arrivato ad essere quarto in classifica vendendo quasi 160.000 copie.
Il fatto che un libro non sia un successo solo italiano avvalora, probabilmente, il desiderio del suo autore di auspicare che il suo romanzo possa avere l’occasione di approdare al mondo del cinema, cioè avere l’opportunità che il proprio lavoro sia oggetto di una trasposizione cinematografica. E per i libri di Faletti che sono successi mondiali, come la mettiamo? Si parlava dell’acquisto dei diritti d’autore di “Io uccido” tempo fa, sarà vero? A capire meglio ci aiuta l’autore - «I diritti sono stati acquistati! Lo possono dimostrare la mia dichiarazione dei redditi e il mio conto in banca! Un regista ha comprato i diritti di “Io uccido”… Ma poi… Non se ne è saputo più nulla.
Vi rivelerò una cosa, uno dei motivi per i quali mi sono deciso a fare una storia italiana, è proprio questo, perché magari è più facile trarne un film… Anche perché sapete, non vorrei che un film tratto da un mio romanzo uscisse postumo, mi piacerebbe ancora in vita vedere su una pellicola: “tratto dal romanzo di Giorgio Faletti”. A parte gli scherzi, se ci si pensa, io ho scritto dei romanzi che produttivamente parlando, sono degli sforzi incredibili. Un romanzo ambientato a New York dove c’è uno che fa saltare in aria i palazzi, non puoi ambientarlo a Busto Arsizio…».
E gli attori? Chi potrebbe essere il protagonista per esempio? - «Ci ho pensato molto in realtà, ma devo ancora rifletterci… Per un attore italiano, soprattutto, ma farei fatica anche a individuare un attore americano a dire la verità. Non è facile trovare un personaggio che abbia i requisiti dei protagonisti dei miei libri. Però se devo darti un nome, secondo me, un Johnny Depp potrebbe essere una soluzione. Pubblico: rumori di sottofondo. «Beh, ma scusate, mica devo pagarlo io il suo cachet… Tornando seri, i requisiti del personaggio sono molti, deve avere un fascino particolare e poi deve avere un certo spessore nel ruolo di attore, un attore deve essere credibile all’interno di un ruolo, non il fotomodello della situazione. Se proprio vogliamo guardare in questo senso, il massimo della vita è Sean Connery, che ci ha insegnato che certi attori sono credibili in tutte le storie».

Spero di essere riuscito a stimolare la vostra curiosità, cari lettori di “D’impatto”, attraverso questi interventi di Giorgio Faletti, forse più intriganti di una della miliardi di recensioni che circolano… Aspetto i vostri commenti! A martedì!
Riccardo Barbagallo



Disegno di Andrea De Luca
Fonte immagine copertina: libri10.it

1 commento:

  1. non so, forse mi sbaglierò.. ma è come se la personalità dell'autore prevaricasse l'importanza del libro... voi che ne pensate?

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