Ho da poco ripreso la mia scuola di Mimo Corporeo, una disciplina insieme fisica e spirituale tesa a rafforzare il controllo della mente sul corpo e viceversa. Una disciplina che è questo, ma tanto altro ancora. Tuttavia non è di ciò che è il Mimo che vorrei parlare, argomento pur appassionante, ma di quanto il Teatro e l’Arte in generale diano poesia e senso alle nostre esistenze. Semplici osservazioni, così, nate ascoltando il mio maestro di mimo Michele Monetta, sentendo e scrutando l’emozione che attraversa lo sguardo di chi con me è lì a sperimentare la dolce fatica dell’esercizio fisico e della disciplina dello spirito.
Ciò che, in particolare, mi ha colpito durante la nostra prima lezione, è stato vedere e immaginare le rivoluzioni e i mutamenti di prospettiva di quanti, molto giovani, si accingevano ad iniziare un percorso che per me e per i miei compagni dura già da un anno. Nello specifico, a restarmi impressa è stata l’espressione di un ragazzo in cui ho scorto come una presa di coscienza, l’insinuarsi in lui di nuove consapevolezze. Credo che
in quel momento quel ragazzo sia divenuto migliore, e lo dico senza paura di sembrar esagerata o troppo romantica e patetica. La luce che illumina gli occhi di noi tutti mentre sudiamo e proviamo a disciplinare quella materia fragile e disordinata che è la nostra anima e quella dura e spesso ottusa del nostro corpo, è la forza di chi vive la vita come poesia. Ecco, è questo il punto a cui le mie riflessioni mi hanno spinto: l’enorme importanza di vivere la propria vita sentendo con ogni fibra la bellezza e il dramma dell’esistere. Quante persone vivono così? Di certo tante si lasciano vivere. In un articolo di “Repubblica” di un pò di tempo fa, Umberto Galimberti, osservava come per molte persone la vita passi senza domande fra un pò di lavoro, un pò di consumo, un pò di famiglia, un pò di sesso e un pò di calcio. Per non parlare poi di quelle per cui la vita è solo un vicolo cieco fatto di violenze, abbrutimento e infine squallida morte.
L’ho sempre saputo, ma da un pò vivo sulla mia pelle il valore pedagogico e terapeutico del teatro, dell’arte, quando è lavoro sullo spirito, e ho pensato con tristezza a quanti ragazzi, persi nel non senso e nella brutalità del puro esistere materialistico e consumistico, siano sottratti alla potenza e alla bellezza che in questa vi è del vivere con passione, rispetto e coraggio la vita. Non è una questione di etica, è innanzitutto una questione di senso, di logica anche. La scuola (insieme alla famiglia), lo sappiamo, dovrebbe educare alla vita attraverso l’insegnamento della storia, del latino, della letteratura, della matematica e così via. Lo studio di queste materie non è scisso dalla comprensione di quello che significhi un buon vivere. Ma le mie sembrano parole incomprensibili se dette ad un ragazzino di terza media, qualcuno dei suoi insegnanti gli ha forse mai trasmesso qualcosa che non sia la semplice e ottusa nozione? Qualcuno gli ha mai spiegato, ad esempio, l’inglese e il disegno tecnico facendogli capire l’importanza e il senso insito nello studio della grammatica e delle regole del disegno? Certamente pochi, visto come siamo combinati. E così sembra che tutto vada avanti senza sfiorare minimamente i significati, quelli che servono per crescere e capire il senso e il non senso del nostro percorso sulla terra.
Abbiamo un disperato bisogno di teatro a scuola e di lezioni di vita tra le pagine di storia, troppo spesso mandate a memoria.
Concetta Celotto
Disegno "artista di strada con monete d'ottone" di Andrea De Luca
La deriva del sistema scolastico è anche frutto del disinteresse della famiglia verso "se stessa".
RispondiEliminaMadre e padre che portano il figlio a teatro o in un museo, che girano insieme per la propria città e la scoprono - che vedono nel figlio un patrimonio prezioso e su cui investire....non aspirando al successo economico o di affermazione quanto a formare uomini e donne con una coscienza.
Oggi la "famiglia" produce teste vuote da riempire con spazzatura - e nel nostro paese di spazzatura ne abbiamo tanta ma peggio abbiamo chi quelle teste, è bravo a riempirle.
@miro trukdrake: vero, verissimo! e ancor di più offende chi quell'arte e quella poesia la usa per piccole miserie personali, arrivismi e affari. la gente dovrebbe invece coltivare l'ARTE del RISPETTO, della TOLLERANZA e della DIGNITA'...merce troppo rara qui. utopisticamente, perchè anche la speranza è ormai svanita, non voglio rinunciare all'idea che la poesia della nostra vita inizi dal rispetto della bellezza che vi è negli altri e culmini nel rispetto di noi stessi.
RispondiEliminaSono daccordo con voi.
RispondiEliminaAggiungo che non solo svuotiamo le teste delle nuove generazioni, ma si tende sempre più ad eloggiare questa nullità, esasperandone il concetto. In una società evoluta l'arte dovrebbe avvicinare le persone, senza mantenere le distanze. Dovrebbe accompagnarci giorno dopo giorno in tutto quello che facciamo. Ecco perchè,
a mio modesto avviso, diventa ARTE tutto quello che si fa naturalmente bene. L'arte è nel servire bene un caffè, nel pulire con stile il vetro d'un negozio e non necessariamente "fare" qualcosa di speciale per sentirsi migliori di qualcun'altro.
Dovremmo danzare con lei come il vento e la polvere in una giornata d'inverno.
Forse potremmo essere ogni giorno grandi artisti con un gesto semplice: guardarsi la mattina allo specchio.
Sono contenta che facciamo riflessioni, sui ragazzi, sulla famiglia e l'idea che la famiglia trascuri se stessa mi pare molto rispondente al vero. Mi piacerebbe che ognuno di noi aiutasse qualcun'altro a trovare un senso più alto del vivere. Vedo troppe persone consumare la propria vita dietro cose insignificanti, mentre ci sarebbe bisogno di una forte mobilitazione delle coscienze.
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