
Nel 2003 l'alpinista Aron Ralston, durante una scalata, rimane incastrato con un braccio in un crepaccio dello Utah per cinque giorni. Il desiderio disperato di liberarsi lo porta ad amputarsi l'arto. Questo è l'incidente realmente accaduto su cui si basa il film "127 ore".
Per cinque giorni il protagonista (interpretato da James Franco) affronta la natura, cerca di liberarsi in mille modi e inizia un viaggio introspettivo fatto di allucinazioni e flashback.
Per quanto avvincente possa essere la vicenda, il film risulta invece piuttosto noioso.
Le riflessioni di Aron, per quanto profonde, non suscitano grande interesse, e dopo metà dei 90 minuti totali si inizia a sperare che si tagli il braccio il prima possibile perchè possa finalmente uscire da quella crepa infernale.
L'unico momento che risveglia l'attenzione del pubblico è quella, appunto, dell'amputazione; un tocco di macabro che in un film fa sempre scena.
Non dispiace la scelta del cameo finale del vero Aron Ralston che, ricordandoci la veridicità dell'incidente, aggiunge un brividino di emozione.
Dalle premesse non ci si può aspettare un film d'azione in piena regola, ma è deludente il fatto che, dopo l'illusione delle prime movimentatissime scene, l'attesa e la staticità diventino snervanti a tal punto che l'interesse scivoli via molto più velocemente del film stesso.
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