guardalo: è il finire smeriglio del seme. dal culmine del petto alle estati boriose del ventre. in mezzo è solo arsura ciano d’inverno. vene, quelle che il ricordo rende alla colpa per un pallido giro di chiave. guardalo come ti spalanca, alla cerca di quel midollo, a gocce, bollente dio, da inchiodare ancora al potente frenulo del piacere. guarda come sventra il tuo vergine risveglio, al torbido tocco dell’indice destro. senti come s’apre, indegno, l’orifizio dei rimpianti? e come palpita la cartilagine, ancora inchiodata, alla mia carne? avresti desiderato idioti denti sicuri, ma è ai miei incisivi a cui venne affidata la tua morbida peste. adesso, di quel regno, la tua vita ne reclama l'inganno. lo sperma, il fuoco, il fiele. amante: guarda come muori, sull’acerbo della punta. no, non è il ferro del bisturi a cercarti la colante spianata e non è certo l’incidere a riempirti dentro d’infamia … non hai ancora compreso la forza che preme sul nodo rosato? voltati, ecco … finalmente comprendi … il pugnale ha trovato l'oltraggio e la pertinenza beata. e tu, amante, già possiedi l’eludere degli angeli. ferma, non voltarti, questa è la ragione del patto.
non tremare: io … ti divoro.
photo, francesco ferla, sublime oltraggio, 2011.
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