trilogia della sabbia.
la strada
quella che ho davanti, amico mio, è la fine della lunga strada. converge qui: su quello che nel silenzio avremmo voluto essere e sull’incapacità di essere oggi altre parole. legata allo scorrere parallelo di un chiedere di pali a tratti, allunga sul nostro farci distanza tra archivi di ricordi e il nostro peggior tormento: la rinuncia. un fermo immagine sul rimbalzo di sconvenienti allusioni che fanno torrida anche la speranza del “continuare verso”. una riga imperfetta sull’incalzare della colpa. la disciplina di un ricordo teso su quell’unico senso di marcia: la fede, ormai perduta.
la strada.
talvolta sono il tempo e la percezione delle cose, spesso sono i ricordi che dicono l’infanzia. e su tutto, tra i bordi e l’andare dell’asfalto, è il tramare di un dosso sull’accenno di un miraggio: “figlia mia, avrei voluto essere … “, il più contiguo alla corda dei gard rail.
amico mio, qui, è il dissolversi della meta ad ogni tentativo che osa l’ulteriore. non c’è giorno che il vento, con il suo geometrico giudizio, non porti via qualcosa da mio “mare a pezzi” e se la fame della vela spinge ancora il legno al di là del rassegnarsi, "il motivo solito", sul bilico di una goccia, strappa la speranza dalle radici di "quell'acqua". ad ogni passo sono stati l’invertire di una certezza e il trasmutare di un'illusione: il sommare caos, alla già dilaniata bellezza. su quest'ultimo tratto di strada, credimi, è sempre il ripetersi del dubbio; sul fronte opposto invece, è ancora perenne il ricordo di quel demone che all’inizio del viaggio pensavo d’aver fuggito.
un passo, da palude a ristagno, sulle cose di un ricordo ed è subito un ricondursi al nulla ... e tra l’ieri, che cercava il superbo pretesto per il domani, e l’oggi, che ha trovato il suo alibi per l’ieri … sarebbero solo pochi passi … troppi, tanti quanti furono gli errori tra i miei frattempo e i miei ormai.
la mia strada possiede un'ultima involontaria periferia: un'interruzione di prospettive per lavori in corso. la mia strada chiude a cancello sulla sciabola impietosa del futuro che qui sbriciola all'orizzonte: oltre la sbarra, è solo un ammasso di disordini sentimentali.
credimi, più di quanto possa l’ordire del reclamarsi uomo, qui è la spietatezza di “quel filo”, tra finzioni di crune e infrangibili idioti, a cucirti addosso il tessuto della rinuncia. e se il viaggio è anche tra le soste, qui l’altrove è nel mostrarsi del fallire, appuntito calendario tra i polmoni consumati dal tabacco della memoria e dalla naftalina del domani. è vero … ai cristalli dell’osare ho preferito i diamanti dell’adesso e nel vibrare il mio “delitto di carne”, ombra alle strabiche prudenze della vita, ho goduto nell’accontentare il sonno alla coscienza.
e l’andare si perderebbe così … nell’aritmetica dello svantaggio.
oggi è stata l'ultima tappa. non mi sono mosso. non avrei potuto. ho rimesso alla strada il compiersi del vuoto. il viaggio possiede un prologo e i buoni erranti -quelli che le erbe le cercano nel deserto- sanno afferrare l’enfasi del trionfo, tra le disfatte dei miraggi. la meta è per chi si consola nella prova e io, amico mio, sono stanco ...
e ora rispondi: cosa ho perduto perché io debba continuare a cercare?
e mi guardo andare, sul consueto riflesso che fanno i miei sordi fallimenti, nell’ieri del rimorso e nell’ormai del rimpianto. e mi guardo andare sul finire della inusitata provinciale numero 4. non c'è niente da fare: sono i vecchi che fanno "quel posto". e se sarà di passaggio, "quelli", come me, alla vita preferiranno l’andare fermo del treno nel chiuso della piccola stazione. amico mio, da quel "posto fermo", cercherò, forse, solo, e ancora, immobili drappelli di memorie.
sulla tela dei buchi, coi vecchi, io piano … ad avanzo.
rettifili, dossi e il meravigliarsi di quel passato orgoglio: cent’anni e aver sprecato cruna, filo e bilico.

sarà l’andare fermo. la meta è già persa e la mia strada, sulla sabbia, non va a ricavo.
trilogia della sabbia
pz.n.132 un vetro sopra dio
pz.n.133 la promessa
pz.n.134 la strada
Grande!
RispondiEliminagrazie, giuseppe ... e grandi sono le nostre illusioni.
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