07 dicembre, 2011

Triskeles, il campo di grano XII parte, di vitobenicio zingales

Il campo di grano



Per quel tempo necessario, preferimmo il silenzio ad una di quelle qualsiasi parole. Sapete quand’è il cuore?

La penna cadde giù dal ponte e con essa, più che probabilmente, calarono a piombo tutti i nostri sogni imperfetti. Avremmo avuto tutto il tempo per disseminare al vento tutte le nostre recenti memorie e ricalibrarne il tiro con alcune di nuove.

“E se cade in acqua?”

D’ottobre, sul finire. Dal ponte, il nostro mondo perfetto.

“Ringraziamo il Principale e togliamo il disturbo.”
“Questo è inteso, ma …”
“… ma?”
“Ernè: siamo qui per cazzi seri o per cosa?”
“Coglione! Siamo al ponte, no?”
“Quindi?”
Cazzi seri! L’acqua ci darà le risposte …”
“Ecco, appunto … dicevo.”
“Coglione!”
“Appunto!”

Quando quei certi cattivi pensieri tornano sul pelo dell’anima, là a galleggiare tra errore e coscienza, all’occorrenza ti fai diavolo e Dio e nonostante il sangue, come la storia, ti obblighi alla memoria, quando accade, reputi necessario disimparare il senso del tuo esserci nel mondo. L’Arte dell’Esserci, spero ne conveniate, pare commisurato al peso del proprio evento e se le proprie “intime” e ideali distanze si fanno distanze per le misure di quegli editti diabolici, beh … non si può far altro che prendere atto di una cosa: l’errore e la colpa sono le più fedeli tra le compagne della paura e della vergogna. Come in strada, nelle cose d’ogni giorno quei certi cattivi pensieri, quando è un impulso o un istinto, risalgono il coagulo delle nostre salde convinzioni, fino ad attraversare quei tali accessi proibiti che, per assenza di chissà cosa cazzo, una volta spalancati, spingono le nostre vite a commettere piccoli e grandi delitti e a disegnare bruttezza intorno alle cose del nostro esserci nel mondo.

“Tu credi nel destino?”
“Camì: ti pare il momento?”
“A me pare azzeccato, invece …”
“E’ azzeccato pensare che sei una gran rottura di palle!”
“Quindi?”
“Cosa?”
“Credi o no a ‘sto cacchio di un destino?”
“Ho le mie idee, lo sai …”
“Il Principale?”
“Si, Lui … Lui.”
“Cioè, fammi capire, per te è Lui che scrive tutto?”
“Si e noi ci diamo una bella botta …”
“Vediamo se ho afferrato … e allora …”
“Camì: due palle …”
“Lui è il capo, ma noi ci mettiamo del nostro, giusto?”
“Afferrato …”
“Lui “scrive”, ma con le nostre cazzate … uhm … affrettiamo o rallentiamo i tempi, giusto?”
“Si, è così che la penso …”
“Da sempre?”
“Più o meno?”
“Da molto?”
“Cazzo, Camì!
“Da quando t’hanno tagliato?”
“Ma ‘sto cazzo di forno quand’è che ti va in pensione?”
“Ci sono: da quando hai conosciuto Gà …”
“Ma per levarti dalle palle che devo fare?”
“Rispondere ad un’altra domanda, l’ultima, giuro …”
“Avanti, coglione: spara.”    

Non so a voi, ma a me è capitato un paio di volte d’averli dentro … quei certi cattivi pensieri e, credetemi sulla parola, sono stati calci tra le palle e talmente forti da schiantare quel filo steso nel tempo dalle nostre buone stelle, tra me e il semplice della vita. Se capitasse a voi, fate come me: un bel respiro e andate dentro l’idea del vostro altrove. I diamanti migliori fanno condensa di sogni possibili e l’ulteriore brilla nel semplice gesto di una mano che accoglie. Fidatevi, tutto torna al loro posto … stelle, palle e universo. E quei certi cattivi pensieri, tra gli incisivi del fegato, come appaiono così spariscono. Mi piace credere che il male è e resterà sempre banale e per quanto fascinosi e potenti possano apparire i loro adulatori, ritengo ovvia e desolatamente brutta la grammatica del male.    

Abbiamo la fortuna di sognare un mondo migliore e questo, “cazzo!”, segna punto su tutto. Io, ad esempio, c’ho piccoli sogni, ma finchè campo, li lascerò scorrere tutti nel sangue dell’anima e se il Principale vorrà, un giorno, avrò il mio altrove e fino a quel magico istante, diciamocelo francamente, la vita ne vale sempre e comunque la pena. “Avrò il mio campo di grano”, mi dico sempre e so per certo che un giorno, là in quel biondo allungarsi di fragranze sincere, giocherò a football con i “miei angeli” e con quelle “mie buone stelle”.

“E se non ci cade, là in mezzo?”
“Saranno cazzi!”
“E i tuoi saranno i miei …
“Siamo o no fratelli?”
“Lo sei e sarai con me in squadra nel mio “campo …”
“Eh, eh, eh … con i “tuoi angeli”, mi sa che faremo bene a mettere la testa a posto.”
“Ernè: gli angeli sono femmine o maschi?”
“Che importa? Tanto sarà il principale a decidere chi vince o chi perde … e poi, tra i tuoi, alcuni non sono vecchi fratelli biker?”
“Già …”
“Già, cazzo già”!
“Che dici Ernè: riusciremo mai ad averlo il nostro dannato mondo perfetto?”

Fu un fruscio, uno di quelli che senti toccarti l’anima, uno di quelli che sei sempre bambino nonostante il tempo e il seme della storia.

“Ci puoi giurare. Tu col tuo cazzo di un campo di grano e io con la mia stronza di un’onda perfetta …”

Eravamo al ponte per compiere una scelta e per dare un senso alle frontiere del nostro ulteriore. Il Club? La vita? L’amore? Potreste non crederlo, ma molte delle cose, da lì a venire, sarebbero dipese dal vibrare di quella penna dal ponte. Sono convinto che nell’uomo operino, allo stesso tempo e per scopi diversi, forze antagoniste e che queste segnino per il mondo intero equilibri etici ed estetici, ma, e ne sono altrettanto certo, è nell’uomo che sogna il futuro del mondo.

“Sicuro?”
“Vieni qua coglione, fidati … dammi la mano …”

Ci sporgemmo un po’. La vertigine segnava come un solco: l’altrove tra i diamanti dell’adesso e l’ulteriore tra le memorie del ricominciare. Era tutto tra gli istanti e il mondo, d’un passo accanto, sembrava volesse fare la sua parte … il vento diventava cielo e ogni spazio, visibile o nascosto, in quel momento, “smarriva ad una calma ritrovata”.

Tutto era parte … anche i nostri ferri in sosta, aldiquà del camminamento, tra gardrail e crosta.

Non so Ernesto, ma mi venne maturale e, tornando ai nostri discorsi, immaginai il mio campo. Avevo una data, tanti angeli e uno spazio. Maggio, con SIC e il buon Nicola, a Primacroce.   

Lentamente la penna, a venti metri dallo scorrere dell’acqua, cominciò a vibrare, forse sospinta dalla forza delle nostre idee e dal nostro desiderio forte d’esserci nel mondo, tra universo, angeli e quel magico altrove.

Si, tutto era parte, ma preferimmo il silenzio ad una di quelle qualsiasi parole.

SaF

       

2 commenti:

  1. ... brividini attraversano il mio corpo. Grande Vito

    RispondiElimina
  2. avremo mai quel mondo perfetto? quel campo di sincere e bionde fragranze? I can ... I dream ...

    RispondiElimina

Archivio blog

Cerca nel blog