16 gennaio, 2012

Triskeles, il viaggio perfetto, XIV parte, di vitobenicio zingales

Triskeles, il viaggio perfetto, XIV parte.
 
Quando sono sulla ruota di Ernesto è come stare sul culmine dell’onda lunga, tra rada, deriva e “mare grande”. V’è qualcosa che non puoi spiegare con le semplici parole, perché in quella parte di mondo, dentro l’anima d’ognuno di noi, è come il vento sulla sorte cangiante delle dune: arriva, soffia e ricrea. Sono iperbole mutevoli, l'altrove irriverente. Sulla ruota di Ernesto, quando ne inseguo la scia, vedo scorrere la parte di quel mondo e non ci sono parole per quei soffi di luce che penetrano l’”oltre”, lì nel lago dei miei occhi. Quando capita è come con le cose che ti vengono nei sogni: l’aria ti pare buona alle labbra e il mondo lo sai buono come il pane che mangi. Dentro la scia, tra pistoni che conquassano, è quell’odore di nuvole ... e mi piace. E' caldo, di terra ... che accoglie. Ipotesi di grembi che fanno madre. M’arriva diritto al cuore e in fondo al midollo di quelle idee senza luogo, né spazio. Teoremi del vuoto, senza tempo: l'adesso, metro su metro. La strada, in quegli istanti, non è tra numeri e mappe e non ci sono misure che possano coniugare alchimie emotive così efficacemente potenti. Ritengo che alcune di quelle cose nascano con noi: per il volere degli dei o chissà per quale antico mistero. Ma è tutta qui la differenza ... tra chi sa il viaggio e chi lo cerca solo per le distanze da dire a parole.

Il viaggiatore è sempre in partenza e le equivalenze attese, sono le medesime che, inaspettate, trova nel dettaglio di quell’onda, tra le piccole e le grandi cose sorgenti lungo il battito della "grande strada". Non ci sono confluenze perfette, ma tagli di cielo, a piombo sulla chimica del sorprendersi, là moltiplicanti nel viatico dei ricordi. Dal metro zero all’ultima tra le tappe è una deflagrazione costante e il detonare del vento, sul vetro del casco, reca la congiunzione esatta: non esiste sibilo migliore per il viaggiatore solitario nel cunearsi del viaggio. Il viaggiatore è un nomade e come nella vita d’ogni giorno, ha poche certezze e su queste basa - e pesa – l’aritmetica del passo: la capacità del sottrarre caos, nei giorni precedenti la partenza, è simile, in tutto, al sommare l’espediente perfetto con l’altrove dell’adesso.

“Hello, where you come from?"
“Hola, soy de Madrid.”
“I am Camilo, Italian … Sicilian.”
“Mi nombre es Juan.”
“Coffe?”
“Si, gracias … me gusta mucho.”
“Where are you going?”
“Si todo va bien, voy a la frontera con Polonia.”
“I also … do a bit of road together?”
“Si, me gusta. Caminemos juntos …”

Nella bisaccia, di chi "si offre in viaggio", non v’è spazio per l’iride del rimorso e quelle talune cicatrici, tra colpa e rimpianto, sanano da sé il sangue del tempo ... sosta dopo sosta. Il nomade, il viaggiatore, non ha più “musei” da visitare, ma lunghezze da sottrarre all’idea che ha dell’ultimo viaggio: il viaggio perfetto.

Faceva quel caldo e il cielo era irresistibile. Non era vento, ma quel lieve soffio che è il mediterraneo nei primi giorni d’autunno. Dal ponte, più della vita, era il nostro altrove … lì a combinarsi con le cose dell’oggi. V’erano, in quei pochi metri attorno, tutti gli elementi cari al viaggiatore: la memoria, il dosso alle spalle e il rettifilo davanti. Di sotto, tra i piedi delle torri in cemento, correva l’acqua del fiume Gratteri e sul suo placido rivolo avrebbe dovuto posarsi la piuma … Immaginavamo l’”ormai” e il dopo … se la piuma, vibrando giù per la vertigine, avesse, alla fine del “volo”, centrato l’acqua.

“E se dovesse “andare in buca”?
“Torneremo a provare …”
“Ancora?”
“Camì: lo sai, il Principale … è la regola!”
“Lo so …”
“E allora che cazzo domandi? Coglione!”
“Questa volta no …”
“Cazzo dici Camì?”
“Ernè: quante volte abbiamo dovuto ricominciare? Quante cazze di volte ci siamo messi lì a risalire? Quante, quante volte?”
“Tante … e allora?”
“Questa volta, sento, sarà difficile …”
“Non è la vita a volerlo, ma noi che ci mettiamo del nostro. E se pensi che sia tutto facile, Camì: sei proprio un coglione!”
“Non ti seguo …”
“Ecchisenefotte?"
“Grazie, molto gentile.”
“Cos’altro vuoi che dica? Questa volta, a tirarti dai casini, sarai tu … e tu soltanto.”
“Insomma: che cazzo ti prende?”
“Nulla, forse sono solo stanco.”
“Casini che non so?”
“No, Camì …”
“Allora?”
“Niente che tu non sappia …”
“Il club? Problemi col consiglio? La mia scazzottata con Hank? Guarda che ho messo tutto alle spalle … per me è la strada che conta e la chiacchiera sta a zero.”
“No …”
“Qualcuno tra i SaF?”
“No, a parte il tuo carattere di solitario di merda, il club gira bene …”
“Debiti e salute?”
“Quelli non mancano mai e la salute, beh … mi tocco le palle …”
“Ernè, ecchecazzo …”

Era un’insolita calma, placida come l'ocra del ristabilire tempo. La piuma era a due, tre metri dall’acqua. Il soffio era lieve ed era sempre il mediterraneo a recare lievi storie di salmastro.

“Aspetta … ci sono.”
“Cosa …”
“La telefonata, ecco. Mi gioco le palle, ma se siamo qui è per quella stronza di una maledetta telefonata!”
“Se siamo al Ponte è perché il Principale così ha stabilito …”
“Porca puttana … siamo al ponte per … per Gabriela?”
“Secco e preciso!”
“Cazzo … e ora fammi capire, fratello. Se quella stramaledetta di una piuma tocca l’acqua, che si fa?
“Si torna a bordo con pazienza …”
“In altre parole si ritenta con Gà e con Mò?”
“In altre parole … Si, Camì, in altre parole …”
“Ti rendi conto, dico ti rendi conto che è una follia …”
“Assolutamente … “
“E se la piuma …”
“… decidesse di non andare in buca? Daremo speranza e vigore ai nostri ultimi incontri e …”

Ad un metro dall’acqua la piuma vibrò a destra e a sinistra, poi. Con violenza, mutò direzione. Uno strappo. Fu vento, all’improvviso.

“… e avremo il nostro viaggio perfetto …”

Il viaggio perfetto. Quello inseguito da sempre dal viaggiatore. Quello che farebbe paura a chiunque ha avuto modo di sapere la strada. Uno di quei salti che ti cambiano la vita dentro, uno di quelli che, nonostante le mille paure, sai di non poterne fare a meno … e salti perché è tempo: l’oltre che sognavi è lì ... ad un dipresso dalle tue poche, ultime certezze. Il viaggio perfetto è l’oceano senza limiti per il cercatore solitario o la vetta impossibile per lo scalatore esperto. Possiede geometrie talmente sconosciute che, anche ad inventartene di nuove, stenteresti a credere, a pochi giorni dalla partenza, d’esserti trasformato in trama per ogni sua misteriosa congettura. Ma sai che è lì, col suo inferno e col suo paradiso insieme, ad aspettarti, nel culmine della tundra, magari, e che non ti lascerà tregua fino a quando non avrai indossato la sua lieve e fascinosa organza … di ghiaccio a slanci indefiniti o di sabbia a smarrirsi nel vento. L’”ulteriore”, nel viaggio perfetto, è l’ultimo teorema praticabile, l’ascesi del diamante, e aldilà di esso è la rotta inviolata: l’alchimia dei mari d’Ithaca, l’incognita che tenti esplorare per gli orditi del sapere. L’altrove perfetto è nell’epica del viaggio, a partire dalla tua vita in cammino, quando in essa il desiderio di conoscenza è il primo tra i fondamentali. Oltre la soglia del “nosce te ipsum”… è il viaggio perfetto e in te, viaggiatore, l’occulto tesoro degli dei.

“Cazzo!”
“Cazzo, stracazzo e minchia!”
“Appunto … io penso che non ci sia più nulla tra me e Mò e la tua, la ritengo … solo un’ossessione …”
“Facciamolo decidere al Ragioniere …”
“… e facciamoglielo decidere, allora …”.

Faceva quel caldo, col mediterraneo tra gli agri di sotto e una piuma … vibrante in volo, aldilà del greto Gratteri.

La "sorte" mancò l'acqua ... di poco, ma di un infinito tra noi e la scelta.

“Caz .... e adesso?”
“Facciamo strada, Camì ... Non è la prima volta …”
“Si, fratello mio, non è la prima volta …”

Fu silenzio, al ponte. Uno di quelli che fanno cerchi nelle cose del cielo, fino a quando il tempo si confonde con la sera. Guardammo la piuma adagiata tra i sassi, a pochi metri dall'argine. Tornammo con i palmi stretti alle manopole, cercando, su per il vetro dei caschi, quel sibilo perfetto. Le mezzerie indicavano traiettorie e passo, ma dai nostri cuori, all’unisono come sempre, sfuggì il sangue di una lacrima. Si, non era la prima volta … e il viaggio ricominciò dal risalire, per l’ennesima volta, l’inchiostro della vita. Altri nuovi incontri … altre declinabili speranze. Di sosta in sosta … in viaggio.

Sulla ruota di Ernesto è la scia del mondo che imparo. L’allusione al diamante perfetto. Quell’odore di nuvole che il vento dice buono alle labbra dell’anima.

SaF

Nessun commento:

Posta un commento

Archivio blog

Cerca nel blog