24 febbraio, 2012

Triskeles, XVI parte, la terra promessa, di vitobenicio zingales


La Terra Promessa

“La strada verso casa” è una di quelle cose che il viaggiatore sa essere preziosa come la propria vita in viaggio. “Battere il ritorno”, per il viandante, si assume in quella “somma del tutto” che l’Uomo conosce per l’esperienza che ha fatto del mondo. In quella “somma”, anche il viaggiatore, trova tutti i numeri del proprio tempo: l’esserci, il saper attendere e il voler esserci ancora. La sua “epica” si sintetizza in una sorta di geometrica visione della vita, alla base della quale è la vita che passa e al vertice, il cielo di quell’altrove verso cui aspirare ed ascendere. Nel suo alchemico catalogo, i ricordi che colloca, tra pause e fogli, alludono sempre ad una porzione di tempo non trovato e semmai, in quello scorrere di tempi, terre e città, vi fosse uno spazio distribuito col “disordine della melanconia”, il viandante, colmerebbe la lacuna col ricordo ultimo: “la strada verso casa”.

“Si torna a casa?”
“Si fratello … in una volata.”

Erano giorni stanchi e caldi. In Austria, tra Klagenfurt e Villach, nel ‘96. Tornavo con la mia Nina dalla Romania. Luigi, Globetrotter, con la sua Africa Twin, dalla Germania.

“Tutto in ordine?”
“A parte i calli in quel posto … sì Luigi, tutto bene.”

Luigi Globetrotter, è, tra i biker viventi, uno dei più grandi passisti al mondo. Lo conosco da più di vent’anni e per un decennio le nostre vite sono state segnate da quel comune “battere la strada”. Luigi è un autentico leone. Ho avuto la fortuna di conoscere straordinari “lottatori”, ma Luigi, per la sua forza e il suo temperamento, è il più grande gladiatore. In quegli anni, con due moto enduro, assolutamente di serie, Luigi, coronò il suo grande sogno: il giro del mondo in solitaria, battendo le strade di tutti e cinque i continenti: Americhe, Europa, Asia, Africa e Oceania. Credetemi, un temerario e per antonomasia, il viaggiatore. Ma una cosa, tra le tante caratteristiche, colpisce di Luigi: il modo di fare strada. Il suo stile, perfettamente riconoscibile e assolutamente inimitabile, è unico: molto più di “disegnare traiettorie impossibili”, molto più di “restare incollati”. Soprattutto il passo … con forza e prudenza, bruciando mille, millecinquecento chilometri a tappa. Quella volta, nel “fare ritorno a casa”, dalle alpi austriache fino in Sicilia, bruciammo duemila chilometri circa d’asfalto in poco meno di 24 ore. Me li ricordo ancora quel suo “scivolare di seta” con passo incessante e, perdonate la forzatura, quel suo “andare regale”, tra rettifili e parabole strette, con la sua fedele black silk. Da un decennio il nostro Globetrotter vive in Australia, con la sua Suzie e i suoi magnifici sogni. Per il Club, Luigi, è più di un membro … Globetrotter è l’elite della memoria, la strada.

La “strada verso casa” è quel tratto di strada compresa tra due porzioni di terra: la casa del cuore e il cuore della casa che cerchi. Quando torni alle tue cose, dopo un lungo viaggio, pensi alla meta da poco raggiunta, ma con la mente rivolta a quel compiere di passi ancora. La tua vita, protesa verso il ritorno, allude, in quei momenti, a quella sorta di catalogo sentimentale che, una volta a casa, sfoglierai per riordinare, col nuovo ricordo, spazi e caselle, ma soprattutto per disegnargli dentro il soffio di un battito: “il cuore della casa che cerchi”.

Ho provato, nel compiersi del mio doppio, ad essere ordito e trama e, sperimentandomi nella vita, a moltiplicarmi tra le cose del fare. Ho provato, su un filo di cielo, a guadagnare solchi d’aria, ma per capire la “chimica” dell’ulteriore. Ho provato, lungo un raddoppio d’asfalto, a calibrare il mio tiro, ma per possedere l’illusione di un dosso. Ho fallito più di una volta e più di una volta sono stato solo la eco di un fluttuante miraggio. Ho rimescolato le carte per avere un vantaggio discreto sul mio acerrimo nemico: la mia coscienza, l’altro viandante. Nel tempo, ho capito, tra le mille ragioni, il motivo del mio andare: io cerco me stesso. Nel mio “catalogo”, oggi, ridondano pertiche sbilenche di suoni e suppellettili di antichi ed inservibili ricordi. Solo sponde di vento e solo polvere che sanguina tra i fogli di questa singolare pubblicazione del sentire … Era questa la terra promessa? Era questo l’altrove? Ho respirato tra le altezze degli dei, ma traducendomi nei numeri di quell’algebra zero. Ho creduto d’essere invincibile, ma vibrando intorno il perimetro di una menzogna, lì inscritta nell’area di uno sbaglio. Ho visitato geografie impareggiabili, ma scorrendo le mille latitudini dell’arido. Ho usato l’indaco di molte vele per il mio legno di carta, ma esaurendomi nella suggestione di un vortice. Ho utilizzato il dramma della vita, per possedere i vincoli di un’assenza, ma smarrendomi nel “fragore bugiardo” di una macchia.

Il mio passo, di chimera che palpita a chimera, era fermo al chilometro zero …

Faccio spazio ai miei palmi, per accogliermi in un abbraccio: sono pronto, per il grande viaggio.

“Cosa faremo?”
“No, Ernesto … cosa saremo …”

Il ponte, col il suo istante, sfumava alle nostre spalle. L’asfalto faceva condensa di ricordi e la “somma del tutto” si esauriva passo dopo passo, nel fare strada verso casa. Nella mia mente, la “terra promessa”, quel rinascere Uomo, da culmini di nebbie, nel cuore della casa che cerchi …

“Sono stanco …e l’ho voluto io, ma è tempo di raccogliere tutti i pezzi.”
“Ne sei certo?”
“Guardami, Ernesto: cosa vedi?”
“Il solito coglione?”
“Forse, ma totalmente privo di pelle …”
“Cazzo, Camì.”
“No, fratello … ho esaurito tutte le menzogne possibili.”
“Il solito periodo?”
“Non mi faccio illusioni, ma quel tipo di benzina non muove più nulla, qui dentro …”
“Allora?”
“Allora mi lascio tutto alle spalle e tento la collina, ma dal “versante più difficile”.
“Cioè?”
“Tiro fuori le palle. Sì Ernesto, ci do un taglio e comincio … “
“Cominci?”
“Lo sai, e bene: non sono andato da nessuna parte, mai.”
“Spiegami.”
“Non sono stato rigoroso, ma sempre accondiscendente con le mie cazzate. La necessità, adesso, impone di superare l’errore e, vedrai, il rigore genererà crescita …”
“Bene … è tempo.”
“Lo voglio fare giusto questo tempo … “
“Tutto alle spalle?”
“Nessun rimpianto, ma alleggerirò la mia borsa dal piombo inutile …”
“E il passato?”
“E’ passato, avrà il mio rispetto, ma non avrà più alcuna possibilità di tornare …”
“La nostalgia?”
“Ha esaurito anche lei la pazienza …”
“E i tuoi … i nostri sogni?”

“Il cuore della casa che cerchi”, possiede, per il viaggiatore, quella forza che ogni bambino riconosce al tatto: il perenne alito del cielo. In quel cuore è la trama dei giganti e dei grandi cercatori. Non v’è sapienza che ne sveli il mistero perché il suo battito è conosciuto solo a chi lo trova e colui che ne rintraccia il tempo, vive nel silenzio di quel segreto.

“Sono saldi … dentro me. Lo saranno sempre.”
“La strada …”
“L’acme del dosso …”
“Bene …”

La strada verso casa, quando è tempo di farne ritorno, è il viaggio più grande. Allude all’esserci, all’attendere e all’esserci ancora.

“La tua neve? Arkangelsk? La steppa?”
“Sarà la nostra tempesta perfetta!”
“Il Club?”
“SaF … fratello mio, con onore e rispetto”.

Erano giorni piovosi, freddi. Il riprendere era in piedi, sull’angolo delle ultime consonanti di una scelta. Era sera, tra i vicoli e gli ultimi resti di un vento indolore.

La verità è capace, può procurare dolori, ma non ammette, come in strada, alcuna distrazione, seppur piacevole e tentante. La verità è possibile, come il mare infinito per quella vela che ha fame di riaccogliersi nel vento.

Skrew, Narcos, Hank … e subito dopo, Hammer, Jester, Tig e Pancho, puntualmente furono al posto solito. Le loro vite, battute dall’indaco di un sorriso, intrecciate agli sguardi della pioggia, puzzavano di farfalle …

Non appena fu silenzio …

“Presidente: SaF in formazione. La colonna è tua, guidala con onore e rispetto!!”
“Fratelli, con onore e rispetto, si fa strada!”

Il viaggio era appena iniziato e le nostre vite, da quel giorno, cominciarono a puzzare di farfalle …

Ma questa, è tutta un’altra storia.

SaF



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