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L'odore è quello. della decadenza. come di quell'acido che cola giù per il tempo dei cipressi. della rabbia. come di rosso che scorre dal ferro delle lance per l'orgasmo della ruggine. della rassegnazione. come di quel denso che sputa grigio dalle pareti abortive di un'aula austera. e di formaldeide, al di sotto dei neon, su per i lati al reparto. lì è una figlia. livida. gesso sangue. carnivora menzogna morte. diciassette anni, tra una canonica e il cielo cristico della fede. e di vetro che scintilla per le bolle in superficie. glucosio. in vena. ed è lì il figlio. l'odore è quello. del perduto tempo. e della sua anima strappata a morsi. e della sua vita rubata a cazzotti. erika, giuseppe, stefano, brenda. nomi. che prima erano vite. chiamate ad esistere. nel nome della legge e della fede. nel mare dello sbaglio. l'errore e la soluzione. fintantochè vite. nel nome del padre, del figlio e dello spirito santo. nel segno della croce. sotto l'ombra di un segno che maledico. l'odore è quello. sconsacrato. a dieci anni. per quattro lunghe estati. e i suoi inverni in mezzo. profanato. da chi recava quel segno ai ricordi della storia. e io, madre, a trasfigurarmi per convincere le piazze, fra i cristiani al paese, che mio figlio non è uno scarto. non è per sua colpa, ma vive. l'odore è quello. noce. di una bara. in fondo alle navate del dolore. che è di aria che sanguina. su per i bottoni di una divisa. giù per gli orli sacri di un saio porpora.
in nome della legge. in nome della fede.
e io madre a rigenerarmi nella colpa. in quell'odore che lo strazio non disegna. su per i punti di una "x" tra inguine e scapole. sul rettangolo senza lati della morte, su di un tavolo. infinito. così fu consegnato. un figlio.così fu dato il figlio al perduto tempo. e io che credevo. e io che pensavo. la guerra e la fame. ricordi, ma sterili. sul simulacro del dolore.
ed è una croce. ancora. del figlio. e del perduto tempo.
qui è l'ostia nera che ho inghiottito. in nome della fede.
qui è l'organza della pena certa che ho indossato. in nome della legge.
e io sono ancora ... madre.
Foto di Andrea De Luca
Questo tempo mi toglie il sentimento. Vorrei dare amore, provare odio, ma niente. Tutto soffoca nella rabbia che mi nasce dentro, che mi toglie il respiro, la speranza. Ecco, la rabbia, un sentimento all'orizzonte, non dei migliori, ma pur sempre un sentimento. Lo accolgo, lo domo, lo trasformo. Adesso è forza, energia, mi fa gridare, tornare ad amare e, a volte, anche ad odiare. Odiare i violenti,i prepotenti, chi abusa dei deboli, dei "diversi". Ecco, io ero morto e adesso sto tornando a vivere!
RispondiEliminaP.S. E' un piacere leggere il tuo blog, spero mi consideri sempre della squadra, grazie.
pepione caro,
RispondiEliminala tua sofferenza è il dolore dell'"uomo" che reca un evento. talvolta lo dimentichiamo. e quando accade dimentichiamo l'"uomo" che nel segreto di sempre portiamo dentro. ma, permettimi di dire, tu ricordi. e non hai dimenticato il "segreto" che cinge, preserva e cuslodisce l'evento.
p.s. sei nella e sei la squadra.
vbz
thanks
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