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Invece, disarmandomi (e ben mi sta!!) Monsieur de la Gatinais mi fa accomodare in cucina per un caffè, con accanto due commensali d’eccezione: un orso polare bianco e una mucca…Entrambi peluche delle sue bimbe!!! L’intervista si svolge in salotto invece, trionfante di antichità e di suppellettili di valore, ma anche qui, come a ricordare per punizione il mio pregiudizio, un fiorire di giochi di bimbi, tavoli di winnie the pooh e la console per i videogiochi. Colgo l’ironia della cosa e mi accomodo sul divano con il preciso intento di sospendere il giudizio, anche de la Gatinais fa lo stesso adagiandosi sulla poltrona e così, cominciamo a chiacchierare.
La mia prima domanda è rivolta alla storia di Rapitalà, azienda nata dalla passione di due persone, i genitori di Laurent. Mi guarda divertito, forse un pò deluso dalla prevedibilità del quesito, ma contento di sottolineare che sia lui stesso il frutto di quell’Amore: 40 anni che coincidono adesso, con la sua direzione dell’azienda e che si sono susseguiti, nutriti dagli stessi principi che hanno spinto i suoi genitori ad investire nelle terre di famiglia subito dopo il terremoto devastante del Belice del ’68 - «Questo è un lavoro che si deve fare con amore, non siamo analisti finanziari. Ci vuole amore, passione, ma soprattutto bisogna trasferirla…È quel qualcosa in più che occorre aggiungere alla bottiglia di vino. Amo dire che il mondo del vino è una catena di passioni: da chi lo produce a chi lo consuma» - Nel pronunciare queste parole si illumina e non credo potrebbe fingere. Proseguo con la prossima domanda nel tentativo di capire cosa nel mondo del vino sia un luogo comune e cosa no.
Chiedo che significato abbia la parola “terroire”, di cui molti abusano con lo scopo, molto ben riuscito, di darsi un tono… Il sorriso di Laurent scompare per lasciare il posto ad un espressione consapevole ed autorevole insieme - «Terroire è l’insieme di caratteristiche del terreno, microclimatiche che rendono unico un posto. Una somma di fattori. Rapitalà è un dispiegarsi di colline tra 300 e 600 metri, ossia cambiare terroire ogni 100 mt e quindi vinificare uve che daranno prodotti sempre diversi. Ormai tutti ne parlano e sembra che sia davvero l’ingrediente di una pozione magica, ma non si possono aggiungere 10 grammi di terroire al vino» - ride - «L’unico atteggiamento possibile, è di ascolto del terroire, cercare di capire, avere l’umiltà per farlo. Occorre rispettarlo e cercare di capire in che direzione andranno le vigne, non si può sapere a-priori dove sarà meglio coltivare un tipo di uva… Solo provando e riprovando, si inizia con la vigna, ma non si finisce neanche quando si è prodotta la bottiglia» - bene, sufficientemente complesso, ma almeno meno aulico di quel che si pensi. Proseguo con la mia terza domanda, l’affondo.
Chiedo perché il mondo del vino sia sempre contraddistinto da una patina di aulicità, come se fosse sempre composto da un elite di intenditori/adepti che poco conciliano con i più giovani (giovani non alla Moccia…Giovani, punto). Mi spiazza Laurent e del tutto stupito mi chiede a sua volta il perché io abbia questa impressione… Rispondo con calma (non tanta), misurando le parole e cercando di tenere a bada Fantozzi che grida. Mi interrompe dicendo «la birra è dei giovani e il vino (non finisce, forse perché sarebbe crudele verso la sua età)» e io…Sgamata (ossia colta in flagrante). Coglie però il punto e ammette che negli ultimi anni « la gente con le guide… se non sei un minimo intenditore…La parola all’esperto, sì ok…Ma è come se volessi ogni giorno ascoltare una lezione universitaria. Posso farlo una volta ed essere contento, ma ogni giorno per bere il vino non puoi andare all’università. Ad esempio a me, per descrivere i vini, non piace dire: ho sentito il bouquet… Nella vita quotidiana quanti riconoscono questi sapori? Occorrerebbe un corso sensoriale!!!» - rido e penso a Laurent a guida di una rubrica di cucina… - «Il vino è anche gioco, certo, alle volte è anche qualcosa di molto complesso ed il fattore costo troppo spesso è una barriera. Però si può sempre ovviare… Ci si può riunire in venti amici e degustare delle buone bottiglie. Molti hanno fatto diventare questo mondo aulico. Alcuni probabilmente si sono costruiti un personaggio, io non ho alcuna remora a mostrarmi come sono…Non è perché gioco alla X-BOX che io sia meno serio sul lavoro…Secondo me c’è gente che si prende troppo sul serio. Ma è seriosa e non seria. Magari è la stessa che poi non ha il coraggio di difendere un amico.» - e vai, suonano le campane a festa! «Il vino è condividere, non è dire: ti faccio la concessione di assaggiare questo nettare» - fa il vocione da nobile intenditore - «Ma vai…Chi se ne frega… è vino: è fatto con l’uva, da Noè!!! Pigiato con i piedi…» - Nella mia testa penso a chi altro si presenterebbe così e direbbe queste cose.
Le domande più serie riguardano il futuro del mondo vitivinicolo, dopo il recente Vinitaly (Verona, 8-12 Aprile scorsi). Il mercato va bene soprattutto nei confronti delle esportazioni in territorio europeo, Stati Uniti in testa. Laurent è pratico e pragmatico, conti e dati alla mano, nonostante la sua azienda vada più che bene, rivela che l’agricoltura in Sicilia è praticamente agli sgoccioli. Gli agricoltori, le piccole imprese e i piccoli produttori che non imbottigliano, rimangono in molti casi strozzati dai debiti contratti. La politica non ha ad oggi, varato un piano serio ed organico (al posto dei soliti fondi europei) nei confronti del surplus produttivo e della riconversione dei terreni coltivati.
Da St. Malo un misto di sangue bretone e siculo che se gli chiedi se si ritenga più francese o italiano dice: «Sono siculo-bretone, non mi sento italiano» - Monsieur Rapitalà mi ha spiazzato per la sua capacità di apprezzare la sua e nostra terra, in modo diretto, genuino e senza falsi orpelli. Il vino è essenzialmente un percorso di ricordi e di esperienze, e se siamo tra amici, anche con pochi soldi possiamo permetterci un buona bottiglia!!! Laurent è a suo modo un esempio, non uno dei tanti decantati potenti dell’isola, ma un produttore di vini, un buongustaio, forse uno dei pochi sognatori rimasti sull’isola a credere che il vino sia principalmente una questione di uva.
Elisabetta Costantino
Foto: ufficio stampa Tenute Rapitalà
Elisabetta Costantino
Foto: ufficio stampa Tenute Rapitalà
Credo che la passione nel lavoro sia l'ingrediente magico. Solo persone speciali possono rendere questa terra LIBERA dai pregiudizi. Il vino è sicuramente una risorsa in più per la nostra Sicilia.
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