Palermo sta cambiando. Lo apprendo in occasione della presentazione di un libro. Il libro, “Urban Cosmographies”, è l’esito di un progetto di ricerca curato da un equipe multidisciplinare di esperti, di cui uno non palermitano, non siciliano, non italiano. Svedese. Palermo sta cambiando. E che diamine…Penso. Ci siamo. C’è uno studio, dati, tabelle, dritti e turgidi istogrammi che mi diranno ciò che ancora io non ho sentito, non ho visto.Il mio cervello sovra-eccitato. Gli autori del libro iniziano a parlare. Sento con precisione frasi come: (riporto in forma non letterale) “per Palermo occorre fare i dovuti distinguo. La globalizzazione da cui la città era stata sempre ai margini, adesso è percepibile nelle sue trame, ma in modo differente che nelle altre realtà. Tempi e dinamiche non lineari…”
Distinguo, differenti, non lineari. La mia città. Ci risiamo. Penso.
E io che per un attimo avevo, per fede, accettato di assistere ad un cambiamento, di essere stata cieca o troppo disattenta per coglierlo; rido al pensiero che questa città, questo palinsesto di culture non si possa inginocchiare ad un abuso di ascisse e ordinate. Troppo furba la mia città. Ritorno ad essere attenta a ciò che dicono gli autori: adesso prende la parola lo straniero, la voce fuori dal coro che dalla giusta distanza meglio di me, di noi, può percepire Palermo. “Dagli anni ’80, quando con paura e con un fazzoletto al naso si girava nel maleodorante budello chiamato Centro Storico, molto è cambiato”. Ci siamo…Faccio io. “Informe accozzaglia di macerie post belliche che ha caratterizzato per anni la città, adesso è ordinatamente giustapposta ai tanti segni della modernità e della globalizzazione culturale. Dagli anni ’90, la primavera di Palermo, ad oggi, due attori pubblici di segno opposto (amministrazione Orlando e amministrazione Cammarata, per capirci) hanno modellato sulla cultura la rinascita della città che ha sottratto via via sempre più spazi di buio al centro storico, per connetterli alle dinamiche dell’esterno, dell’Italia, dell’Europa, del Mondo.”
Questi i risultati: le tante ristrutturazioni di palazzi storici. I locali dal design europeo. Gli eventi culturali. Cosa???? La mia fede vacilla nuovamente. Il cambiamento della mia città in grani di un Rosario costituito dal Montevergini, dal Palab, Expa, Magione, Teatro Garibaldi, Palazzo Riso.Un cambiamento cool, elitario, da prima pagina patinata in cui riconoscere i figli e i nipoti di una intellighenzia di benestanti.
Delusione.
Poco tempo dopo, tramite Blogsicilia, l’attenzione su un nuovo visitatore estero, estraneo. Jim Lewis, che pubblica un post sulla mia città dal titolo “Palermo privata” niente meno che sul NY Times.Lo leggo, lo divoro. Non so se cerco ancora la verità. Forse cerco solo di sapere quale sia u’curtigghio su Palermo fatto dagli stranieri. Riporto letteralmente alcune frasi: « So it is a spectral city, a city of ghosts and ruins, amid which the living citizens slip quietly and for the most part without expression. [...]Palermo is full of secrets and very strange.[...]Palermo is for loners, misanthropes, the faintly morbid, the fatalistic».
Queste frasi le sottolineo, non mi ci incazzo… Anzi… Quasi per un rigore matematico le scompongo, le peso, le metto a confronto con quelle udite alle presentazione del libro. Le rileggo… E ne viene fuori il solito risultato. Sia che si pensi che Palermo si stia curvando con cifosi e scoliosi verso il progresso e il cosmopolitismo, sia che la si viva come una giungla impenetrabile di macerie, ricordi, fantasmi immobili, Palermo non è riducibile. Non ha velocità di cambiamento registrabili. I suoi dati sono il risultato di una scienza tachicardica pronta sempre a collassare per infarto del miocardio. Sfugge alle semplificazioni, le schiva, le odia. È il fallimento di qualsiasi scienziato o studioso, penso… e anche il visitatore torna a casa con la sensazione di non aver visto davvero la città. non è ruffiana palermo. anche se la tappezzassero di manifesti che la dichiarano città cool dell’anno, non se ne vanterebbe e anzi in pieno sfoggio di umiltà vomiterebbe sacchi di munizza per dimostrarla. Adesso attendo il prossimo messia. Attendo nuovamente che mi vengano svelate cose che non so. E spero che per decriptare i nuovi codici del cambiamento, basti il solito caldo pani ca’ meusa.
Elisabetta Costatino
foto di e.costantino
si cara october ... ruffiani e fantasmi. e gli interessi e gli sporchi affari in mezzo. mafie più raffinate, giochi di potere più eleganti. intendono svenderla ancora? ruffiani e fantasmi. su di un unico fronte. alcuni eleganti in gessato altri travestiti da paladini intelletuali con la mano pronta a firmare gli ennesimi, soliti contratti. gli uni e gli altri: sciacalli. ma, cazzo, palermo sta. è tempo di porci le domande. cosa posso essere? cosa posso fare? palermo sta.
RispondiEliminaHai ragione, non è ruffiana Palermo. Dovrebbero cominciare ad esserlo un pò meno i Palermitani. O almeno la maggior parte di essi.
RispondiEliminavero peppe, vero vito. lei sta e il tempo dell'attesa alle volte sembra l'unico possibile. speriamo di cogliere l'epifania di un nuovo corso e alle volte ho la sensazione che qui il futuro già ci fu.
RispondiElimina"la sensazione di non aver visto davvero la città" è presente ogni qualvolta si visiti una città tristemente ed eccessivamente globalizzata, ma pultroppo è quello a cui si aspira e per cui ci sente vittime nei confronti del resto del mondo...cmq tranquilli presto l'elenco dei posti "cool" sara completo.. i negozi simbolo della globalizzazione ci saranno tutti e i palermitani non si sentiranno più nel terzo mondo...persino quando depositeranno l'intero salotto di casa davanti un cassonetto!
RispondiElimina19 aprile, 2010 11:05