Questi sono alcuni estratti della trilogia inedita di Vito Benicio Zingales "NerodentroZero" (2008). In particolare si riferiscono al capitolo dal titolo "Cumino's Gang-Sangue Nero Petrolio".
Ieri è stata la giornata mondiale della lotta contro ogni violenza sulle donne. Non aggiungo altro. Leggerete. E spero che siano tante donne e ragazze a farlo. Ma prego e spero che siano molti più uomini ad avere la nausea per queste parole.
Avrebbe voluto morire in un altro modo. O magari su un tocco di strada più degno del piscio di un cane. Eppure era là. In fondo al marcio del più pesto fra i vicoli del Borgo Vecchio: il Souk della mala. Ammaccata, ma intera. Cazzo… era proprio lei là! Aperta come una di quelle, con il collo di una deks da 66 in culo e un manganello nero infilato “là dentro” per più dei suoi stronzi tre quarti. Aperta e tagliata. Un lavoro pulito. “Quel lavoro di fino che meritano le peggio bagasce”, avrebbe ghignato l’Ispettore Tony Grisanti della “Territoriale” appiedata. (…)
Non avrebbe retto ancora per molto. Era al collasso. E i suoi rilasci avrebbero rotto le palle al cemento del silenzio solo con le prime luci, spinte laggiù dai muscolosi ferry boat, pronti a sbattersi per il continente alle “sei punto zero”. Si sarebbe messa in pari col mondo. Calcolava quanto stronzo tempo ancora… perché le rotative fermassero il rullo per le ultime di nera (…)
Avrebbe dovuto sopportare le battute degli sbirri della omicidi senza poter replicare che aldilà della schifosa occorsa circostanza erano lì a parlare con il cadavere si, ma di una vera signora. Sotto i quaranta, straziata e stuprata, ma signora giurata e sparata.
Faceva fatica. La stronza blatta era già in bocca. Faceva fatica. Avrebbe voluto gridare, ma il sangue o una delle vertebre andate, impedivano ai suoi arti, ai tendini, ai nervi, la più banale delle reazioni. Inchiodata dentro. Fottuta fuori. Era cosciente, però. Ricordava ogni cosa. Della sera trascorsa. Del mattino andato. Della violenza subita. Del suo essere stata bambina. Della coca tirata. Di sua madre. Soprattutto “ricordava al futuro”.
Cosa sarà di me? Arriveranno in tempo… fra due ore sarò in rianimazione e poi in terapia intensiva. Mi ficcheranno il tubo in gola, mi aiuteranno a respirare, ma schioderò dal vicolo. Agonizzante, ma viva. Un paio di mesi e poi a casa. Il mio bilocale, cucina abitabile, doppi servizi, tutto compreso condominio escluso.(…)
Cercava di ricordare dove avesse letto la storia di uno stupro. Cosa fare, chi essere, a cosa pensare, come reagire, la doccia… immaginava una doccia calda. Avrebbe levato via lo sporco. Una doccia calda. Incominciava a ricordare. Avrebbe dovuto sforzarsi. Sarebbe durato chissà quanto. L’avrebbero rigettata in strada. Avrebbe fatto la doccia. Avrebbe dimenticato. L’avrebbero annientata. Spezzata. Avrebbe fatto la doccia. Calda. Che leva via tutto. Anche lo sporco più schifosamente nero. Era serena, l’avrebbero lasciata in vita, alla sua stronza doccia del cazzo.(…)
…. Moriva. Se ne andava.
Nuda. Priva di quei tacchi che ti fanno più alta di un tanto. Giusto quel tanto da riuscire a guardare quel tanto che basta. E punto. Perché è già tanto che riesci a guardare.
Se ne andava. Dentro a quel sangue nero petrolio, ormai freddo perfino alle sue blatte in calore.
Tum, tum, tum, tum.
Tum…. Tum…. Tum… um…um… m…
Moriva.
foto di andrea de luca
“Crepavo”.
Moriva.
foto di andrea de luca
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