22 ottobre, 2010

da mezzanotte a zero, phototrailer, di vitobenicio zingales



da mezzanotte a zero.
nient'altro che questo, nulla ... la morte.

suoni di cherosene e vapori di tralicci. dai silos del porto ai picciotti del souk. schiere di cemento. penombre d'asfalto e stronzate di dossi tra puttane, futuro e magnaccia. se da una parte sono gli sbirri, dall'altra ingrassano i soliti cialtroni. in gessato e cravatta. quelli coll'amido al culo e l'anice tra incisivi e molari. tra preti e burocrati. di chi la vita la succhia e di chi sino in fondo la fotte. quarant'anni colanti, uno sull'altro e sulla solita puttana miseria degli altri. periferie. rotonde. al polistirolo. con la pancia piena di fango, come di cefali, di un dito sotto il pelo dell'acqua, che quando urlano è sempre un piacere vederli schiattare.
flic, flac, flic, flac ... si, questo qui è l'unico movimento che ancora funzioni. l'unico che sia capace a ripulirti dal fango dagli occhi. ti giri e ti volti, alla fine conti e bestemmi di brutto. hai  il tuo bar, la rogna e le tasse. e poi?
 null'altro che il caldo e quell'unica prospettiva di pali. da una mezzeria all'altra. e fac simili, con un nome e una faccia stampati a colori. ma questa non è durango. le derive riflettono d'amianto e vanadio. tra porcilaie, puttanai e il "palazzo". 

flic, flac, flic, flac ... nel nero. che la città lo conosce eccome. bitume e inferno. "dodici" e "trentotto". e un fragore di lama. nel solito culo del cuore e per il solito buco da riempire tra coscienza e palato. bam: crepato! la mia città. nel mio inferno, tra pruriti che scopano e banconote di preti. avidi e bastardi. centrifughe di sperma. e il mediocre con la lingua rasoterra e l'occhio ricurvo su ciò che è gli dovuto: io smerdo? e tu paghi. bam, bam e non ci sono santi, cazzo e tu paghi. la mia città. come le teste di vacca a piombo sull'uscio  della prima bottega all'angolo e col tanfo del morto ammazzato, colante verso l'ultima fogna in alto. in penombra. di taglio e di piatto. di fino e col silenzio, che è "toco", e si gira da quell'altra parte. catene e cancelli. petrolio  e cristalli. a scendere, fino ai vermi e ai ratti. una catena che oscilla, come una falce radente sulla prima pozzanghera di sangue e sull'ultimo dei soliti fottuti sbagli del cazzo. la mia città e quattro colpi di cielo a contratto. che tanto, a quei mille coglioni, la cosa prende più del catarro fra le pareti del cranio. lamiere e plastica. i movimento terra e le mille pale meccaniche. vertigini montate a lupara e se non si sta in campana il primo colpo è in bocca. e l'ultimo tra gli intestini dell'anima. la mala. il sindaco. le bombe e i parcheggi. tralicci e menzogne. senza pudore. 

flic, flac, flic, flac ... nella notte la solita troia.

la mia città. senza memoria.

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