01 dicembre, 2010

Intervista ad un giovane soldato

Questa intervista viene pubblicata rispettando la volontà dell’intervistato che ha richiesto l’anonimato.
La scelta di realizzare un’intervista ad un giovane ragazzo in servizio nell’Esercito Italiano è nata dalla stringente necessità di dare un volto più umano alle logiche di potere e istituzionali che, tante volte, ci vengono somministrate attraverso i tg e i quotidiani. Avevo bisogno di poter guardare negli occhi l’altro per soddisfare i vuoti di pensiero in merito ad alcuni aspetti nodali del nostro paese, legati all’Esercito: lavoro, patria, futuro, missione, rapporti tra paesi stranieri e più di tutto, guerra e morte.

Probabilmente certi vuoti di coscienza mi tormenteranno ancora: siamo lontani dal parlare serenamente e senza retorica di certi temi, ma sono contenta di condividere con voi questo piccolo, piccolissimo tentativo di dialogo.

Buona lettura e spero potremo confrontarci sul tema insieme.
Elisabetta Costantino

 

1. Hai mai pensato, anche solo per un attimo, che avresti potuto non fare ritorno a casa?

Si… L’ho pensato, non solo una volta… Mi è capitato diverse volte in Afghanistan, ma anche il giorno stesso della partenza. Lo si mette in conto.


2. Credi che il tuo stipendio sia adeguato al lavoro che svolgi per l’esercito? No. Penso
che la situazione stipendiale nel settore pubblico è da rivedere ormai. Lo stipendio a fine mese non basta: il caro vita è alto e chi ha anche famiglia, fa i salti mortali per far quadrare tutto, tra affitti, viaggi, spese varie e magari ogni tanto una pizza. Si fa fatica.

3. Secondo te entrare in esercito, soprattutto per i ragazzi del sud, è un buon ripiego di fronte alla mancanza persistente di lavoro?
Secondo me per fare una vita che è condizionata molto da impegni particolari, come può essere una partenza all’estero o normali servizi di caserma i quali ti “obbligano” a tralasciare tutto ciò che normalmente i ragazzi della tua età fanno, come ad esempio una vita sociale molto più attiva, passare le feste o i momenti di felicità in famiglia, bisogna che chi decida di svolgere questo lavoro sia almeno in parte invogliato anche da alcuni valori che non tutti hanno e che naturalmente, sia consapevole di quelle che sono le proprie scelte. Per quanto riguarda il fatto chela maggior parte del personale sia del sud non è altro che un fattore statistico che rimarca la situazione lavorativa e la difficoltà che hanno le regioni del sud a livello di posti di lavoro; certamente, tutto ciò incide anche su molti giovani che, pur di emergere da certe realtà, trovano uno stimolo in più. Anche se a volte sembra una scelta da ultima spiaggia, per me non è stato cosi: quando decisi quale sarebbe stata la mia strada, avevo le idee chiare e potevo anche scegliere qualcos’altro, quindi non è stata solo una decisione guidata dal solo guadagno economico.

4. Credi che il lavoro svolto da te in Afghanistan sia stato d’aiuto per quel Paese e per quella popolazione?
Bhe… Quella esperienza è stata molto importante per me, ho visto un mondo diverso lì. Si pensa tanto... Almeno a me è capitato, si cerca anche di fare qualche confronto, di capire quelle popolazioni, vedi come vivono, cosa mangiano, come salutano, come guardano. Capisci che forse, tutto quello a cui noi siamo abituati e che fino a pochi mesi prima dalla partenza era stato vitale, alla fine è solo una bolla di sapone, sono altre le cose importanti che ti possono rendere felici o almeno provare ad esserlo. Comunque, tralasciando questa piccola parentesi, penso che ci sono tante persone che fanno del bene lì nonostante le difficoltà siano enormi sia territoriali che culturali, ma ognuno nel proprio settore e con i propri mezzi ha lasciato un pò di se, anche con un piccolo gesto si può regalare un sorriso e credetemi, che anche se può sembrare banale come cosa, un sorriso è oro in certe situazioni.

5. Qual era il primo pensiero al mattino in Afghanistan?
Casa. Il mio primo pensiero era casa. Se stavo bene o no, se mangiavo o no, il mio pensiero era casa. Sapevo che per i miei e per le persone che ognuno di noi aveva lasciato nelle proprie città, sarebbe stato molto più dura, soprattutto se si cercava di tradurre le notizie che arrivavano dalla tv. Quindi, mi mettevo al telefono appena possibile e per un paio di minuti mi dimenticavo e facevo dimenticare dove mi trovavo e perché.

6. Se non fossi entrato nell’esercito, avresti voluto essere…
Bhe… Ognuno di noi penso che abbia un sogno in un cassetto ben chiuso a chiave. Che sia io o il mega imprenditore, tutti ne hanno uno. Se non fossi riuscito ad entrare nell’esercito avrei aperto un locale: sogno banale e semplice, ma mi è sempre piaciuta l’idea di aprirne uno, tra l’altro sono un tipo a cui piace stare in mezzo alla gente, sempre a far casino. Mai dire mai…

7. Cosa vorresti dire oggi a tutti i ragazzi italiani e non, morti in Afghanistan.
Non m sento di dire nulla né a loro né alle loro famiglie: è qualcosa di tremendo quando se ne va qualcuno, sopratutto in questo ambito e in una maniera tragica come le realtà che si vivono lì. Però è pur vero che il nostro paese è abituato a inneggiare 22 pirla che vincono una coppa i quali entrano negli annali storici, ma non siamo capaci di onorare chi invece muore con una divisa o meglio, ci ricordiamo di essere italiani per pochi giorni. Finito il tempo dell’audience televisiva, tutti nuovamente a criticare il perché, il quando e il dove.
Ho un bruttissimo ricordo del giorno del mio rientro dal Kosovo: ero appena arrivato, dopo 4 mesi, io ed altri ragazzi decidemmo di festeggiare con una pizza, una macchina per strada passò e ci vide in divisa, ci gridarono: «falliti..!!!». Il nostro problema come paese è culturale ed è strano, dato che è un paese famoso per poeti artisti, scultori invidiati da tutto il mondo.

8. Una Missione di Pace è sempre giusta?
Su questo ci sarebbe da discutere all’infinito: le guerre non sono mai belle logicamente, ma se siamo lì un motivo ci sarà. Magari non lo si può condividere o farselo piacere, ma se il governo italiano ha visto questa esigenza, allora il motivo c’è ed è reale.
Forse lo potremmo capire se un giorno quello che è successo in questi paesi, succedesse da noi.
Io spero mai!

9. Incoraggeresti tuo figlio ad entrare nell’esercito?
Mio figlio nell’esercito? Bhe… Da padre dovrei guidarlo e capire cosa gli piace, quali sono le sue passioni. Mio padre non mi ha mai incoraggiato o spinto verso la sua professione, ha lasciato che trovassi la mia strada da solo guardandomi da “lontano”; ha saputo consigliarmi e sostenere in tutto quello che mi serviva sapere in determinati momenti.
Penso che farei lo stesso se un giorno avessi dei figli: l’importante è essere convinti e avere passione quando si fa qualcosa. Una volta ho letto una frase a casa di un amico: se non ti diverte, non farlo!

10. Completa la frase: per la mia Patria…
Per la mia patria…
… A voi i privilegi delle nostre azioni e la gloria
... A me il vostro consenso e il mio ricordo…
… Vivete e ridete…
… Amate e perdonate…
… Per la mia patria sognate.

Fonte immagine: threepennyreview.com
Foto di Andreas Kertesz

1 commento:

  1. e sì...argomento spigoloso da trattare...lo immaginavo.
    eppure ormai il mondo è diventato una sorta di risiko in cui ad essere "giocati" saranno sempre d più giovani donne e uomini in cerca di un futuro!

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