23 giugno, 2011

pz.n.133 la promessa di vitobenicio zingales

la promessa

amico mio, qui è il tempo solito … con le cose che vanno e con quelle che alla fine restano, con le cose che segnano e con quelle che per il “dopo” bastano. dal di dentro, come le cose preziose o lo stare fermi da qualche parte ed essere grati alle sconfitte della pena, ma tu la sai la nostra gente: è come i perché quando arrampicano un’attesa, là sul sommare indugi ai crimini del dovuto. la ricordi la ferrovia? muove intatta, sulle interferenze dei gerani, dall’inciso che fa la collina, all’assunto che recita la consolazione al di la' dell’ultimo palo. l’abbrivio del “regionale” è sempre sotto al cielo, tra un credito di speranza e un debito di rimpianti. si, hai inteso bene: qui, ancora, non si va da nessuna parte. poco importa se ad ordire la trama è il perduto senso della riconciliazione: qui il tessuto che si ricava dallo scorciare dell’ago è del tutto simile al "tempo piano". 

il tuo mare è a pezzi, qui invece, da oriente ad occidente, è sempre e solo il tentativo dell’osare.
amico mio, se l’opinione dei tutti avanza dilagante sulle traiettorie di quella strada, qui la sorte moltiplica il favorire delle soste con l’intimità della meta … e così le estremità del viaggio lasciano agli erranti la beatitudine della prova. lo sai, siamo inclini alle bordate del vento; da dove giunga il dopo è sempre stato irrilevante, come lo scirocco quando soffia sul passaggio di una traccia. non è la dimestichezza col mare, ma l’essere “mare dentro”, ricordi? giova ricordare, fraterno amico, che il pellegrino, nel suo continuare avvezzo, mostra il cuore ai palmi aperti di chi ha perduto nella sete il senso della goccia. ma qui non c’è catastrofe che possa supporre liberanti stati di grazia, e più di quell’uomo che ha perduto tutto nel compiersi del rimorso. no, non v’è altrove quando non si ha di fianco il motivo di un’idea e al contrario … quale bellezza stupirebbe la vita?

amico mio, non ho da dirti parole per riuscire a scorticare dalla pelle la coscienza della rinuncia, ma ho dentro tutto ciò che serve alla rinuncia per rinfrancarsi dal delitto della colpa. ed è qui, in mezzo, a scorrere la vita, nel saltare il fosso e per sentire rifrangersi la “promessa” tra gli specchi delle mani.

alle spalle, e più dei tuoi colombi ai piedi di dio, bada bene, tra scuri e chiuse, è il ricordo di quella strada che supponeva il futuro: credimi, è lì che pare ieri … e quando il vento fa da stecca al riaccendersi del rimpianto, basta quel calice di vita perché dagli spalti la semplicità torni al mosto dell'esultanza.

l'universo lento.

basta poco, amico mio …

scusami, adesso è l’ora. dieci minuti appena e dall'altrove giungerà il treno.

l’acme, la promessa.

vbz

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