15 ottobre, 2011

TRISKELES, il club. di vitobenicio zingales

TRISKELES ... IL CLUB
L'IDEA

27 agosto di quel cazzo di un anno che è ancora il 2011

L’IDEA

Non abbiamo bisogno di parlare, io ed Ernesto. Come quando si respira e non ti chiedi da dove t’arriva tutta ‘sta vita in gola. Nasce così l’idea del Club. Spontanea come l’aria che metti dentro o come quel pane buono che ficchi sotto al palato.

Lui ed Io. Ernesto e Camilo … due nomi che fanno riferimento ad un legame grande tra due grandi della storia: il Chè e Camilo Cienfuegos. Lui è Ernesto e io … Ma potrebbe essere l’esatto contrario.

In questi ultimi due anni la nostra vita l’abbiamo vista fottersi da sé. Sì, è vero … sarà che l’abbiamo spinta noi al cesso, ma credetemi il conto che tuttora stiamo pagando a quel gran figlio di puttana di un oste è uno di quelli salatissimi e per nulla proporzionato a quel cazzo di casini che abbiamo “armato”. Ernesto con Gabriela e io con Mò … che bordelli. Eravamo convinti che tutto sarebbe filato liscio, ma tra una stronzata ed un’altra, avremmo dovuto inchiodare ed accostare … invece eccoci qui a ricordare quel maledetto di un punto limite superato ormai da chissà quante fottute miglia. Si … quel punto limite  che un uomo sa riconoscere come soglia finale e che, una volta superato, sa bene del primo bene appena perso: il culo.

Ma siamo andati avanti.

Il giorno era uno di quegli stronzi, afosi giorni d’agosto. Il posto, uno di quei luridi vicoli, tra i mille, al mercato della vucciria. La circostanza, la solita stronza di sempre: un bicchiere di vino “in pietra” …

Come al solito uno sparava stronzate e l’altro tentava di spararle più grosse. E se uno riusciva a chiudere un discorso, l’altro ne apriva così tanti altri da non riuscire a chiuderne neppure uno. Ma era la nostra vita in quei giorni: una combinazione alchemica del cazzo.

“Allora?”
“Allora, cazzo cosa?”
“Il tuo culo, no?”
“Fa male, ma si va avanti …”
“Il tuo?”
“Come quello di un finocchio …”
“Forse avremmo dovuto …”
“Frena, fratello. Avremmo dovuto, ma non l’abbiamo fatto. Adesso siamo qui e il resto … ma che vada tutto all’inferno!”
“Hai ragione!”
“Eccerto che c’ho ragione, coglione!”

Fu nel corso di una pausa che “Lui”, si avete capito bene, Lui il Ragioniere, l’Architetto, Dio … “Lui” che insinuò nello stesso istante nelle nostre menti il medesimo cazzo di un pensiero.

“Stai pensando a quello che penso io?”
“Si … “
Havis Davis?”
“Strada!”
“Pupa al cromo fottuto!”
“Puttana bicilindrica!”
“Cazzo cazzo … e sia!”
“Sicuro?”
“Cosa c’è di più certo?”
“La morte!”
“La strada …”
“Già … e ancora non siamo crepati!”
“E il mio dito medio è ancora abbastanza in tiro per mandare il mondo in culo!”

Nasceva così il primo embrione d’idea. Tra i nostri irreversibili fallimenti, tra i nostri conti in rosso e le nostre mogli tradite o trascurate e fuggite chissà dove o chissà con chi. Nasceva così … tra le nostre poche, ma buone certezze e tra quegli ultimi convincimenti che i “per bene”, là fuori, chiamano ancora sogni.

Si, un fottuto, stramaledetto sogno penetrava il nostro culo del cuore, conficcando la pelle dell’anima sino in fondo. Mi perdonerete se azzarderò pensare che l’idea giungeva si da Dio, ma che da Camilo e da me (e questa volta mischio le carte per incasinare anche voi) giungeva qualcosa di più tosto.

“E ti dico di più.”
“Cosa …”
“Facciamolo alla grande!”
“Come?”
“Il club!”
“Cazzo, c’avevo pensato pure io!”

Era una di quelle sere d’agosto col caldo che bruciava le palle. Di fronte avevamo una bottiglia di nericcio popolare e di fianco il desiderio di tornare a vivere alla grande. Soprattutto il momento … il momento era quello spaccato, preciso e sputato.

L’idea, e sarà la storia comunque a giudicare, era una di quelle che vengono perché al punto in cui è la vita, orlo o precipizio che sia, è giusto che vengano. L’intendere degli odori, come i colori, tra i tavoli in piazza, faceva da eco alle nostre sparate, ma pungeva più del solito … il nostro palato, come quello degli Dei.

La città, col suo futuro e con le sue fogne, presenti e passate, era lì, ma giudicando il ridondare del solito marcio annacquato, era alle nostre spalle.

“Altri “senza padroni”? Come noi?”
“Skrew e Narcos!”
“Leon e Pitt Bull!”
“Ci staranno?”                                                       
“Dovremmo chiederlo al loro culo …”
“E chiediamoglielo … “
“Bien … “
“Beviamo ora, coglione!”
“Ma si … beviamo gran figlio di puttana!”
“Fuego!”
“Sangre!”

La sera continuava a fottersi nell’afa. Le bottiglie diventavano tre e le minchiate sparate moltiplicavano indegnamente all’infinito.

Ma tra un bicchiere e un tiro di Montecristo, una cosa su tutte sembrava, e potentemente, accadere … sì, credetelo come è certo il vostro culo sulla tazza del water: dal bitume della piazza ai palazzi diroccati intorno, e non so come spiegarlo (ma arrivateci voi), detonava un sorriso. Quello nostro? Ecchecazzo ne so!

Forse era la città alla quale la bastarda di un’idea era piaciuta un casino … e di più.

T.
or
SaF






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