Triskeles, Fronteras y limites.

Non lo ritengo essenziale, ma lo penso talvolta necessario. Tale convincimento, arricchito da ragioni più o meno sensate, accumulate nel tempo, mi viene giusto dall’esperienza. Non sono propenso a credere che in quelle certezze, tanto sbandierate da quei quattro soliti moralisti del cazzo, vi siano i caratteri fondamentali dell’assoluto, così come diffido di tutto ciò che torna estremamente banale o risulta inutilmente (e tragicamente) violento. E mentre ve la racconto … ho un labbro spaccato, uno zigomo sbrecciato e sicuramente una o due costole che infilano di punta e di taglio il mio respiro.
Bingo! Avete afferrato: ho fatto a cazzotti. No, no … non sono un violento e neppure uno che se la cerca, ma quando con un cazzotto ti racconti le cose, a cominciare da quelli che le “teste pensanti” chiamano “punti d’onore”, beh … secondo me, anche se non l’hai messo in sagoma quel cazzotto, almeno hai provato a farlo tuo quel cazzo di un punto d’onore.
Una cosa che amo, quando faccio strada, sono le frontiere. Non appena ci sto dentro, col ferro e l’anima, tra i checkpoint dell’uno e dell’altro limite, sento di trasformarmi anch’io in confine. Ne sconosco il motivo, e di certo non massacro il cervello per trovarne uno piuttosto che un altro, ma non appena il mio culo infila quella lingua d’asfalto, che in teoria non dovrebbe appartenere a nessuno, se non al viaggiatore in transito, il cielo del confine dell’uno pare che faccia a cazzotti con il cielo del confine dell’altro. E così è uguale per gli odori, i sapori e per tutto quel genere di flora aldilà dei gard rail che corrono sospettosi ai lati del più o meno lungo tratto. “E allora?”, e allora un’emerita mazza se non fosse per un cazzo di un punto preciso, là tra i due confini, dove pare tutto si risolva con una bella stretta di mano. “Come, con una stretta di mano?”. Avete capito bene, una bella stretta di mano … come quando intrecciate il palmo della mano del fratello o dell’amico col vostro palmo, dopo aver disputato, con questi, una “stronza questione”. “E dov’è ‘sto punto?” E che minchia ne so? Posso solo dirvi che a me è capitato beccarlo un paio di volte. A Podwojponi, tra Polonia e Lituania, ad esempio, l’ho trovato a cento metri dalla “gabbia” polacca appena lasciata o a Nagilak, tra il confine ungherese e quello rumeno, a una manciata di metri dagli sbirri di frontiera rumeni. Non lo credete possibile? Liberi di credere o meno, ma sono certo che, alla vostra prossima frontiera, alzerete gli occhi al cielo e, se ci piglierete, quel punto lo troverete, eccome. Ricordate, però di tenere incollate le gomme a terra e di fare strada con quell’”occhio vivo” che io ed Ernesto non ci stanchiamo mai d’avere dal primo all’ultimo metro di un viaggio, soprattutto tra le soste o lungo quel promiscuo mondo che solitamente staziona, per l’appunto, in frontiera.
“Stronzo!”
Solitamente è la prima.
“Ma va’ a prenderla nel culo!”
Spesso è la battuta che segue.
“Stronzo!”
“Hank, sai che ti dico: ma valla a prendere nel culo!”

Disegnava ottobre ... con quelle cose che ancora non appartengono al cielo d’autunno. Faceva caldo e limpido. Era sera e i ferri riposavano allineati e coperti. In piazza, col casino e il ritmo dei venerdì in città. SaF, al completo. La macchia si mosse, come sempre composta e in ordine, dal rendez vous al solito posto prima concordati. Ernesto guidava la colonna, io in posizione con la mia “street” sul suo “
190”. Skrew, Narcos, Leon ed Hank seguivano a “gomme sfalsate”. Gli altri fratelli, da Jester ad Hammer, da Pancho a Tex, da Aladino a Tig tenevano, e bene, i ranghi. Quando “muoviamo” in città, da una zona ad un‘altra, è una sorta di unico fascio luminoso che muove, una lunga catena di metallo che sinuosa scivola in strada e, fatemelo passare, una vitalità danzante che genera intorno emozioni rhythm and blues. Spesso, i miei ricordi si perdono lungo le cose del viale e se la strada lo consente, lascio che il vento diriga l’adesso verso l’ulteriore: il mio “marombra”. Sono cose che scortico dal cielo e lascio che affondino in quel mio mare dentro perchè dal mio viaggio perenne possa imparare ancora altra memoria. Quando sono i pistoni a battere il tempo, non c’è alcuno spazio per altre consonanti che non siano all’unisono con le cose del cuore ... Whole Lotta shakin’ goin’ on. Mi chiedo spesso cosa sia la libertà e se non ho il coraggio d’immaginare altri futuri possibili per mia figlia, lascio che siano i Vance&Hines a parlare per me. Quando sono sul viale o su quel tratto di strada, che solitamente mi porta lontano dalle cose che desidero tenere lontane da me, tra una galleria o un’empasse semaforica, ho il coraggio di prendermi da parte, con l’iride incollata allo specchietto, e dirmi: “comunque vada, ne varrà la pena”. La strada, se ne indovini l’innesco che ondulante brilla tra i suoi bordi e l’anima, fa giusto il resto. La strada … non è solo lo scorrerci in mezzo o saggiarne il bitume, è quell’oltre che cerchiamo dentro, quella terra di mezzo che, mescolando e rigenerando alchimie di intrighi umani, accoglie il meglio dei viandanti … facendo di questi, alla fine, uno. E sei viaggio, sosta e meta.

Il primo cazzotto cadde come cemento armato. Da destra, sullo zigomo sinistro. Un autotreno in corsa, impossibile da evitare o respingere. Quello stronzo di un Hank, boxeur come me, infilò di mestiere. Cazzo, fu bravo. Quando ti arrivano così, inaspettati e potenti, realizzi due cose: “ma che minchia ci faccio io qui?” e subito dopo “scopo o mi lascio scopare?”
Il “motivo”, quel cazzo di un punto d’onore, ci stava tutto, non mi sarei lasciato scopare.
“Vuoi il resto?”
“Fatti sotto, finocchio!”
E tutto per un singolo voto, l’unico negativo nel corso delle ultime due “tornate”. Ma è la nostra regola, ricordate? Uno solo negativo e mandi a puttane l’intero consiglio.
Disegnava ottobre ... il cielo era come speziato. Un odore del tutto particolare e d’ogni singola frontiera recavamo il supporre incerto dell’adesso. Nei nostri cazzotti l’oltre e “quel punto preciso”: l’unisono dei confini dentro la cruna di un memorabile viaggio.
Due cazzotti, allo stesso tempo … una gran bella stretta di mano.
SaF
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