17 novembre, 2011

Triskeles. Dal ponte, di vitobenicio zingales

Triskeles, dal ponte. VIII puntata.

“E allora?”
“E allora, cosa?”
“Siamo al ponte, no? Insomma, che cazzo ci facciamo qui?”
“Camì: il Montecristo, prima …”

Era il cielo, dappertutto. Uno di quelli che ti prende lo spavento per come sanno riempire i tuoi occhi. Uno di quelli che pensi sia troppo presto per levarti dalle palle e che, nonostante si stia al tappeto per quell’ultimo cazzotto in bocca, tu possa ancora farcela. “In fondo”, come dice Ernesto, “anche da “quelle parti” ci sarà del bitume da battere. Quel “nero denso” che, se lo infili dal verso suo, ti porterà giusto sul culo del dosso perfetto”. Ovviamente non so cosa si combini lì ai piani alti, ma è bello poter credere che anche “lì sopra”, lasciate le mezzerie “qui sotto”, possa esserci, con tutto il dovuto rispetto, uno di quei dossi da fottere e doppiare. E poi, e di questo ne sono certo, al “Principale” farà piacere vedere scorazzare, nella sua zona, tanti ferri insieme. Ma siamo quel che siamo, con la vita che chiede ancora vento per la nostra vela affamata.  

Siamo gente semplice, noi. In questa parte di cielo, ci basta davvero poco: un tiro di Montecristo, un dito di tequila nera e una bella razione di bitume da mettere dentro e in tondo al cuore. Per arrivare al punto in cui siamo ne abbiamo fatta di strada, “ma al punto in cui siamo”, come dice quel finocchio del mio amico, “da quest’ultimo tratto d’asfalto, di certo non schiodiamo. E allora facciamo che il secondo tempo sia migliore del primo!”.

Era quel cielo, in equilibrio tra strada e vento. Sul “pelo” delle gebbie era ancora quel tiepido d’ottobre e i cerchi delle carpe alludevano a quegli impassibili, lontani sogni d’acqua.  

Al ponte abbiamo il nostro posto, basta scavalcare una rete, aldilà di uno dei due stretti camminamenti, tra gardrail e strada, e fare giusto due passi. Da qui, se butti bene l’occhio, c’hai tutto quello che serve, almeno per un istante, al tuo mare dentro. Di sotto, a piombo, è il fiume nella sua vena lenta; davanti, a smarrirsi, sono carambole ulivigne di nodose querce e su per la vertigine intrighi odorosi di ginestre.  


“Ti manca, vero?”

Conosco Ernesto da una vita. So com’è fatto e so “da dove c’è arrivato”. Non so per voi, ma per me, col “bastardo”, è come aver fatto centro, e dieci volte su dieci, con le freccette. Penso che calzi, ma quando hai la fortuna di “camminare la vita” con un amico di fianco, è come al mercato, magari nell’afa d’agosto, con le tue venti buste strapiene di roba, da dividere per ogni braccio: l’amico è lo stronzo perfetto che s’accolla metà del carico senza sé e senza ma.       

“Se mi manca? Si Ernè, come il respiro …”
“E’ dura, fratello …”
“E’ la vita …”
“Già, né più né meno … la vita.”
“Non c’è istante, non c’è un cazzo di un attimo che …”
“… stia dentro a ‘sto frocio di un cuore.”
“Il solito poeta, ma si fratello … è la dura verità e non c’è un cazzo altro da aggiungere.”  
“Sparissero, magari …”
“Si, in fondo al mare …”
“E invece no, lì a darci il tormento …”
“Cazzi nostri …”
“E fanno tutti male. Ma non ti eri inventato un pretesto?”
“Già, uno di quelli buoni …”
“E allora?”
“Come mi vedi?”
“Stai messo male. Stanne certo, però: girerà!”
“Si, magari prima crepo …”
“E chi lo sa …”
“Fottiti!”

Giorno dopo giorno, la vita, come in strada, ti mette alla prova. In tutte quelle robe, fra tornanti e appoggi veloci, tappe, stazioni e soste, se ci sai fare e con l’Architetto dalla tua, il culo ce lo porti fuori, sempre e comunque, ma nelle cose del cuore, malgrado le migliori intenzioni e nonostante i tuoi convincimenti sulla forza, se infili lo svincolo sbagliato …beh, il culo ti rimane impigliato ad uno di quei maledetti fil di ferro uncinati … e da quel punto, son batoste. Già, batoste in fondo al culo del cuore. Penso che sia del tutto inutile, ma più ti metti a spaccare il capello alla cosa e a cercarti il motivo, più il casino si trasforma in bordello e dopo lo svincolo … è l’inferno. “Cazzo fare?”, chiederete. “Lasciar perdere?” o robe tipo “Stroncati col sesso?”. Sono cose del cuore e l’”attrezzo” nel petto, come saprete, con la ragione non ha mai fatto pane. Le cose del cuore non le pianifichi come quando fai strada. Quando è un improvviso acquazzone, non basta il tuo chiodo impermeabile per proteggere e custodire le cose del cuore. Non fai la conta dei metri tra un impulso e un’emozione. E non ci sono tappe intermedie, tra risalite e rivincite, per prendere fiato e dare benzina al serbatoio dell’anima. Le cose del cuore vivono talvolta dentro le invisibili geometrie di un soffio: è un niente, e come in strada, è una goccia d’olio, sul catrame veloce e per un giro di gomma, a fare l’imponderabile. Se cadi, e te la cavi, rimedi un ricordo, ma uno di quelli che sono buchi nella carne dell’anima.  

“Quindi?”. Quindi, un cazzo …la stronza è dentro il mio cuore. E ce la tengo, non posso far altro, amen.

“Un goccio?”
“Solo uno.”
“Il solito sergente …”
“Le regole sono regole.”
“A proposito: i nuovi bussanti?”
“Pancho e Tex?”

Tra i fratelli del Club, Pancho è il più giovane. Nella vita compra e vende case e chissà perché, ma son convinto che è uno di quelli che riuscirebbe a spacciarti una porzione d’inferno come fosse un angolo di paradiso in terra. L’avrà nel sangue, ma il ragazzo colle parole ci sa fare. A tutta prima può starti sull’emerito, ma stimolata la conversazione, il tipo dà manetta, e talmente tanto che stargli dietro è uno sballo. Conosce il ferro -il ragazzo possiede una splendida Road King 1.600- e sulla strada è un placido, un tranquillo … uno di quei biker che in viaggio vorresti al tuo fianco per la sicurezza che promana dal suo polso e dalla sua anima. Pancho è l’allegrezza e la gioia. In formazione è perfetto, nessuna sbavatura, occhio lesto, prudenza e mestiere. Surus, dal nome del più valoroso tra gli elefanti di Annibale, è il nome della sua “pupa”. Pancho si distingue dagli altri per una particolare caratteristica: cazzo … non dorme mai!! “Dormire? E a che minchia serve?” Una sua paranoia? La stramaledetta pulizia del ferro, sempre e a tutti i costi, un finocchio precisino, ma uno che alla strada piace. 

A Tex mancherebbero solo la cintola e le colt ai fianchi e poi, incrociandolo, potresti facilmente scambiarlo per uno di quei vaqueros americani. E’ uno tzigano, uno di quelli veri, nel sangue e nell’animo. Baffo saraceno e occhio catalano, in strada, in Harley, sono quasi vent’anni. Il tipo è sincero, come il migliore nericcio: generoso, pastoso e appassionato. Generazioni di bimbi, compresa la mia Martina, son passate dal suo parco giochi in città. Tex pesa, e bene, le parole e quando ritiene giusto adoperarle, aziona lingua e cranio in simultanea come chiunque non saprebbe fare. Possiede due ferri: una splendida Springer 1.340 e un’Electra 1.450. Conosce la strada: le sue regole e i suoi codici eterni. Di bitume ne ha macinato e parecchio. Tex è l’arguzia e la pazienza e nel suo cuore è un lago grande ... uno di quelli che c’è sempre posto.  

“Fidati … SaF dentro.”
“Mi fido …”
“Ti romperò le palle: e allora? Il Ponte, perché?”
“Bene … tira fuori dallo zaino la cazzo di piuma …”
“Sicuro?”
“Come l’aria che respiri …”
“Prima, però …”
“Spara!”
“Con chi cazzo l’avevi al telefono?”
“Di che parli?”
“Due o tre giorni fà, al telefono. Al tipo hai pure dato un appuntamento per risolvere …”
“Ah … quella telefonata. Stronzate, Camì … solo stronzate …”
“Stronzate? Ma se ci stavi facendo a cazzotti!”
“Credimi: minchiate …”
“E’ per il club?”
“Butta giù la penna, prima.”
“Sei il capo … ok … la penna prima.”
“Si … falla volare e leviamoci ‘sto pensiero.”
“E sia … “
“Bene. Al solito?”
“Al solito.”
“Se scivolerà sull’acqua … sarà destino … Gabriela. Se sgarra, amen!”
“Cazzo! Siamo sul ponte per questo?”
“Non è un buon motivo?”
“Il migliore, Ernesto … il migliore.”

Faceva un filo di vento. Il nostro mondo perfetto era due metri appena sotto quella parte di cielo. Dal ponte una penna di gabbiano avrebbe dovuto svelarci un altro pezzo di strada. Ma nelle cose del cuore … basta una goccia d’olio, un  soffio … cadi e rimedi un ricordo … un altro buco, prima di quell’”ultimo dosso”.

SaF


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