09 novembre, 2011

Triskeles, la scelta. di vitobenicio zingales

Triskeles, la scelta.

“Secondo te?”
“Non lo so … forse.”
“Al solito … coglione! Più deciso, dai!”
“C’è molto vento, ecchecazzo!”
“Me ne fotto del vento. Spara: secondo te?”
“Ma si … ci finisce dentro, proprio in mezzo. Si, mi gioco i gioielli!”

Il ponte è uno di quelli che ti prende alla gola e ti mette i brividi al culo. Saranno chissà quanti metri d’altezza, ma credetemi, a guardare di sotto t’acchiappa una di quelle strizze al cuore che, se va bene, all’istante ti sale l’infarto. La “bestia”, in calcestruzzo armato, è ad arco e i piedritti, che dall’alto spingono sul terreno, sono da paura. Dal piano viabile al suolo saranno quaranta o cinquanta metri e, malgrado le reti protettive, negli anni, in molti lo hanno scelto come disgraziata meta finale.  

Faceva ottobre. L’asfalto era buono come il pane che mangi. Giusto, buono, caldo e sicuro. Uno di quei pezzi di strada che, metro dopo metro, sa come saziare la fame di capire il mondo.

Non so voi, ma se volessi dirvi la vita, mi piacerebbe raccontarvela come quando ti perdi uno dei calzini del paio, lì in uno dei tanti incasinatissimi cassetti in camera. Ne vale sempre la pena … E se prestate quella dovuta attenzione alla cosa, finirete con l’essere d’accordo con me: in quel calzino “disperso” è il senso della vita. Non lo trovi e t’incazzi. Pensi che sia una perdita di tempo e passi al paio successivo da indossare. Svuoti il cassetto, ma del calzino neppure l’ombra ... e, inutile rammentarlo, vai “fuori” come la peggio bestia. Che fai? Non puoi lasciare il “lavoro” a metà. Non sai cosa ti aspetta e, soprattutto, quel calzino, solo in apparenza scomparso, potrebbe cambiarti, una volta ritrovato, l’umore e l’atteggiamento nei confronti del mondo. Fidati: se te lo perdi, animo … cercalo e non mollare. Calzino scomparso, senso della vita smarrito. Nella mia stronza vita ho perduto tanti calzini e, per come sono stato assemblato, di spaiati, negli anni, ne ho raccolti una montagna. Da un po’ di tempo cerco quello giusto da rendere al suo “orfano gemello” e, una volta ritrovato, credo potrà dare una bella botta al mio culo.

Avevamo macinato duecento chilometri in poco più di un’ora, infilando tornanti da paura, divorando la solita polvere schifosa ed evitando, e sempre d’un soffio, gli onnipresenti coglioni stradaioli del cazzo. E tutto per una maledetta piumata penna bianca di gabbiano.

“Muovi il culo e andiamo.”
“Così … su due piedi?”
“Alza il culo e muoviti.”
“Va bene, ma dove?”
“Al ponte.”
“Al ponte? Per fare?”
“La vedi questa?”
“Non mi sono ancora rincoglionito, so cos’è. E allora?”
“Posso solo dirti che non è ciò che sembra.”
“Ernè: hai bevuto storto o cosa?”
“Coglione … “
“Sei da neuro, aspetta che chiamo il 118 …”
“Mai sentito parlare di destino, simboli e quei fatti premonitori?”
“Sogni premonitori, semmai …”
“Si appunto … quelle minchiate lì.”
“E allora?”
“Allora ficchi il “sogno premonitore” nello zaino … e andiamo!”
“Cazzo … quando ti fissi su una cosa mi diventi un caterpillar mestruato …”
“Lo so … e ora: muoversi, muoversi, muoversi.”
“Sei tu il capo. Dai, allungami ‘sto sogno premonitore e andiamo …”  

Era solo un filo di vento: da una parte il mare, dall’altra la nostra perenne voglia di capire. Davanti il consueto orizzonte, con tutto quel cielo da prendere al laccio, e alle spalle … ciò che non vorresti mai apparisse sullo specchietto retrovisore. A19 direzione Messina, svincolo Cefalù. Ci sono delle strade, tra viali, autostrade e scorrimenti veloci, che per una serie infinita di ragioni ti segnano dentro. Alcuni ci lasciano pure la pelle, altri, su quelle strade, ci lasciano il cuore … In un modo o nell’altro, quelle porzioni di mondo, che per convenzione chiamiamo strade, alla lunga, per chi le vive e le attraversa, diventano parti di noi. Sullo specchietto di Jessie, come ritengo in quello di Carolina, la “Street” di Ernesto, apparvero, in quegli istanti, i soliti fantasmi … a tratti e in galleria, soprattutto. Su questo pezzo di bitume, tra Palermo e Primacroce, “vive” una parte importante, se non la più importante, della mia vita.

Gli enormi pilastri del ponte poggiano sulle pietre affioranti dal greto. Il fiume bagna gli agri, piantumati ad ulivo, tra Castelbuono e Gratteri. Il silenzio fa quel senso di pace e la strada è parte di questo incredibile spettacolo. Se ci volesse stupire per qualcosa, certamente la vita sarebbe uno di quei particolari argomenti: non finisce mai di stupirti, sebbene ogni momento, nel corso degli anni, appare uno identico all’altro. Io ho fallito proprio per questo: ritenni ingombranti quegli attimi e, come un coglione, mandai a puttane tutta la mia vita … e Mò, la mia Mò. Il problema, e rischierò d’essere ovvio, sta tutto lì. Ritieni preziosa una cosa, fino a quando, della cosa ne rispetti la vita come fosse la tua, poi, quando  presumi, sbagliando, che ci siano cose più importanti di essa, la molli, la calpesti, e ne dimentichi, di quel bene prezioso, il valore pressoché inestimabile. Hai afferrato, fratello: smarrisci, del paio, uno dei calzini. Ma da lì, credetemi, cominciano i cazzi. Spesso, per la “cosa smarrita”, a mancarti è proprio la vita o meglio, a mancarti è quella spinta, quell’innesco che t’incendia dentro di gioia. E la “stronza”, come la “stronza” di Ernesto, manca eccome … Ma come dice quel finocchio del nostro Presidente, “siamo sotto a questo cielo e il vero Presidente del Club è Lui … quindi, lasciamolo fare e andiamo avanti.” Si, lasciamogli fare il suo mestiere, a noi tocca … la strada.

Arrampicammo da Cefalù, al mattino, col caffè ancora in circolo, tra fegato ed incisivi. Infilammo i tornanti come alla cerca di una magica cruna da centrare. Non so ancora se il filo fosse di canapa imbevuto di ricordi o di voglie speziate “al gusto futuro”, ma ricordo, e bene, che le coppe dell’olio, piegando sul catrame, produssero quel tipo di scintille buone.

Di seconda e di terza, volammo.

Quando stai in formazione, hai poco da pensare. Devi tenere la mezzeria libera al compagno che ti precede e il fratello che segue, e credetemi sulla parola, sta solo ad una manciata di metri dalla tua fottuta gomma, deve tenere libero il tuo fianco. La colonna procede compatta a quella media e per nessuna ragione ti è consentito lo strappo o la decelerazione improvvisa. Ordine e rispetto, soprattutto sicurezza. Incollato al “190” di Ernesto, tentai più di una volta, e quando la strada lo consentì, di capire. Il ponte? La penna? E tutto così repentinamente, perché? Quali circostanze e fatti in quei giorni? Al ponte, io ed Ernesto, ormai andiamo raramente, e quando si va è per starcene per cazzi o per prendere decisioni importanti. Certo, con due birrette al seguito, ma dal ponte si torna con la scelta presa e maturata. Preciso e sputato!

Di quarta e di quinta, pistonammo.

Non so ancora il perché, ma tra un rettifilo e un tornante, mi venne in mente una telefonata che ricevette Ernesto in quei giorni. A parte i convenevoli del cazzo, poi la telefonata assunse un tono estremamente acceso.

“No, tu non puoi decidere in casa mia! Cosa? Devi solo provarci … No, non m’interessa un cazzo di cosa accadrà … le scelte vanno fatte e il criterio è e resta uno solo: il rispetto! Sei proprio come immaginavo … tu non sai neppure cosa siano l’onore e il rispetto! Fanculo! Come? Certo che c’incontriamo … quando e dove vuoi!”

Quella volta non chiesi. Della sua vita, come lui della mia, so tutto. E so che quando ci sono cazzi, non si bada a nulla: si corre. Io per lui o lui per me. Da sempre … giù tu giù io, la nostra prima regola. Quei giorni, tra agosto ed ottobre, erano i giorni del Club. Triskeles cresceva e cresceva bene, con forza ed entusiasmo. La “fratellanza” era un sogno, ma ognuno faceva la sua parte e il seme d’ognuno, buttato nella terra del sentire comune, dava già i suoi attesi frutti … e quel sogno condiviso lentamente si trasformava … SaF.

Chi era l’interlocutore di Ernesto? E l’oggetto della conversazione, poi? Rispetto, onore … c’entrava in qualche modo il Club? E soprattutto, di quella incazzatura violenta, perché nessun cenno, a me, suo fratello?                           

Di sesta, sognammo.

Spesso, quando vediamo tutto nero intorno e non troviamo il modo per uscire dalla merda, ci convinciamo che la soluzione giusta per risolvere la pesante questione e/o la stronzata col botto possa giungere dal tempo. Anche io sono dell’idea di dare il tutto “casino” allo “zio tempo” e di delegare, come si dice, la rogna agli Dei, ma talvolta è bene anticipare i tempi e giocare d’iniziativa. Era quello il caso? Correvamo al ponte per fottere il tempo? E la penna da far volare giù che minchia c’entrava con la scelta eventuale?

Ecchecazzo … ancora casini!

Faceva ottobre, sul finire. Un filo di vento e, sotto al cuore dei nostri “ferri”, un ponte da paura. Sapevamo di polvere e di benzina. Nella mente tuonava il tumulto della cavalcata appena tirata e nel culo bruciavano i soliti calli. Dentro, vicino la pelle dell’anima, come sempre, alla fine di un pezzo di strada preso … l’altrove  I Vance&Hines, raffreddandosi, accennarono il solito motivo e tutto, insieme a quella cicatrice di cielo negli occhi, apparve dannatamente perfetto.

“E allora?”
“Passami un Montecristo, Camilo …”

Faceva ottobre. Ed era tempo di scelte.

SaF     


9 commenti:

  1. le donne, grazie ai collant, fanno molti meno casini.
    Forse a piedi nudi si vive meglio. ma fa freddo quando non è estate.
    I ponti sono un braccio teso verso l'indifferenza di sponde anonime.
    I tornanti sono fatti per ricordare (altrimenti che tornano a fare?)
    Se non ci perdessimo mai, come sarebbe possibile trovarci?
    E cercando un calzino smarrito... quante cose si trovano? Dalla foto della 5 elementare, al bracciale che pensavi ti avessero rubato nottetempo. E quel biglietto dell'autobus conservato chissà perchè? E se il paradiso fosse solo un cassetto pieno di calzini smarriti e di sogni altrettanto perduti come i vicoli bui delle grandi città del vecchio e nuovo continente?
    Si sogna di sesta, già. Di prima è un po' dura ;)
    Se tutte le cicatrici fossero di cielo, forse anche la sofferenza varrebbe qualcosa.
    Il tempo al massimo passa( come le strade), ma chissà perchè gli si delega sempre tutto (come al destino).
    Capito il mistero dello spazio-tempo, avrai capito la vita, ma naturalmente sarà sempre troppo tardi.
    bene, bello, bravo! sempre "on the road"!

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  2. grazie ... però è vero, io di calzini spaiati, come l'(anti)eroe della puntata della saga on the road, ne ho raccolti un casino. in mezzo a tutto 'sto gran casino ... strade, viaggi, scazzottate, mia moglie, mia figlia, amici, case, traslochi, rinunce, sogni ...... e tornanti, tanti tornanti. ciao e seguimi a ruota.

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  3. I calzini spaiati dovrai gettarli. Il problema sono i calzini bucati, vero Vì?
    E' bella la sesta, davvero bella.

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  4. quando a fianco ti sono un amico o una compagna, il problema dei clazini bucati non è più un problema: un filo magico, attraverso una mano lieve, sa rammendare. so solo che camilo ha perduto tante volte e che nel suo cuore è il desiderio di una strada nuova, per un sogno e per riuscire a tornare. grazie per la stima e per il quesito rivolto.

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  5. ah ah ah! non ho dubbi (sul mega cestone dei tuoi calzini spaiati!). Però non diciamolo troppo ad alta voce che l'eroe è quello dei calzini appaiati- magari bianchi!- e l'antieroe quello dei calzini bi-color. Restiamo nel mito che tanto affascina di un eroe che è quello della meta e di un antieroe che è quello della strada e ammettiamo che forse entrambi vivono in noi e si aiutano cercando l'uno quel che l'altro fugge. Diciamo che l'eroe conosce il segreto del tempo (l'eterno) e l'antieroe quello dello spazio (l'istante perfetto da misurare sull'asfalto tra ponti e tornanti). Chissà, forse si alternano- l'eroe e l'antieroe- nel governo della nostra vita a seconda dei periodi... E forse l'antieroe dovrebbe dirci non solo che ha smarrito il calzino e per questo si fustiga, ma che voleva samrrirlo il che, permetterai, fa una bella differenza. La nostra vita è piena di "morti" veri e presunti- quelli abbandonati e quelli che ci hanno abbandonato-. Il morto o smarrito che sia è sempre il migliore, per il solo fatto che... non c'è più. Se conosci il valore di qualcosa, lo conosci da sempre e per sempre, non dopo averlo perduto. Sarà che il calzino smarrito ti andava stretto? che non era poi così adatto? Le vite, come le relazioni- spesso sacrificate ai patti- possono essere compiute a 30 anni e non esserlo a 90. Forse si perdono i calzini o si bucano i collant perchè la relazione ha raggiunto il suo istante perfetto e da quel momento in poi non può che declinare. Una relazione di 3 anni o 10 non è detto che sia peggiore di una di 20 o 30. E poi se i tuoi calzini fossero appaiati, avresti ben poco da raccontare, forse staresti lì a goderti il fermoimmagine della tua vita perfetta, non cercheresti istanti da ricordare, fili di vento a cui aggrapparti. probabilmente nona ndresti nemmeno in moto :-)

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  6. "Cazzuto 'sto ragionamento", direbbe il buon Camilo, "ma", riprenderebbe, "so solo che ho smarrito, del paio, il calzino che più amavo e che, piaccia o no a 'sto stronzo mondo, intendo cercarlo ... e riprendere, con quel paio dannato, quella e soltanto quella strada. direzione? e che ne so ... le certezze le lascio a chi sa ragionare su tutto." grazie e seguimi ad un fiato di scarico, se intendi le hans&hines.

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  7. cazzutissimo, senza ombra di dubbio.
    le certezze? lasciamole agli eroi.
    E non sempre i ragionamenti- cazzuti o meno- portano a verità assolute,anzi quasi mai.
    I calzini spaiati introducono, nel mondo dell'antieroe, la quarta dimensione- sogni? premonizioni? segni? simboli?-
    Due calzini appaiati potrebbero, e uso il condizionale, schiacciare tutto e rendere l'universo "unidimensionale" .
    hai demolito un codice narrativo: non più scheletri negli armadi, ma calzini nei cassetti :-)
    ti auguro di trovarlo il calzino!
    mai sentita la canzone "un guanto" di de gregori? Ascolatala o leggi il testo. si parla di un guanto, ma potrebbe essere un calzino. E non è lui che ha smarrito, ma lui che trovato, il guanto... e cerca quella mano.
    Seguire a ruota (moto) mi è impossibile. Magari in auto, treno, aereo o a piedi( rigorosamente senza calzini!), perchè no? Mi siedo talvolta tra le sponde e osservo i ponti e che ci passa sopra.

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  8. Spazi da uno stile all'altro con grande capacità di adattamento. quello da strada, secco, incazzato, intriso di cinismo e puntellato di termini poco ortodossi ma "fottutamente" espressivi ti diverte parecchio ..e si sente!
    talvolta scivoli in un manierismo che lascia scadere la scena nel poco credibile. es: “Lo so … e ora: muoversi, muoversi, muoversi.”
    “Sei tu il capo. Dai, allungami ‘sto sogno premonitore e andiamo …” ALLA MIA PERSONALISSIMA PERCEZIONE QUESTO TRATTO RISULTA SCADENTE E DEPREZZA L'INTERO PEZZO!

    morbidi sono i pezzi in cui ti slanci in riflessioni schiettamente vissute..arriva l'eco di una radice di verità impiantata nel solco del tuo vissuto, nella prorompente vitalità della Tua Realtà Soggettiva. (vedi il pezzo sui calzini..o la valenza simbolica della strada che diventa arteria del tuo corpo, la pellicola sulla quale si imprime un sangue particolare, ricettacolo di ogni tua emozione, di ogni ricordo, di ogni tua definizione bloccata.

    altre volte, e sono quelle che preferisco, l'articolarsi delle tue trasfigurazioni del reale tocca punte di lirismo.. impossibili da spiegare o analizzare..create solo per essere Vissute con un contatto simultaneo di 2 menti (quella cristallizzata nel pezzo stesso, e quella recettiva, innamorata, del lettore). pezzi ovviamente rari (altrimenti sarebbero produzioni di serie!!) e con una riflessione interna celata, non spiegata.. (cosa che dona immediatezza e grande vigore figurativo).. in pratica il vero salto qualitativo: da metafora a SIMBOLO!!!! ...in definitiva pezzi di alta dignità! es: Faceva ottobre. L’asfalto era buono come il pane che mangi. Giusto, buono, caldo e sicuro. Uno di quei pezzi di strada che, metro dopo metro, sa come saziare la fame di capire il mondo.

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  9. lo sapevo che non avrei resistito ,
    ..ormai ci sono dentro.

    grande storia, ma la storia la scriviamo noi.

    se mi permettete .. SaF

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