fino all'ultimo respiro ti vivo, vita.
che sia l'inferno o il paradiso, come non fotte al mio sangue, non frega al muso filante della mia pupa signora. faccio strada ed è questo ... quello che conta. il resto me lo lascio alle spalle. è sotto al cromo il senso della mia fottuta scelta: la distanza che corre, tra me e il rimpianto. ho pregato, per essere migliore. ho promesso, per essere un uomo per bene. ho giurato, per credere ancora. ma tra le terre del mio cuore, oscillano, paradiso e inferno, come sposi fedeli che sbattono sulla vela del perenne cammino. non capisco il futuro e col passato, non c'è nulla da fare: ci faccio a cazzotti. ho l'adesso qui con me e sul bitume che attraverso cadono gli ultimi spaventi. le mie unghie sanno di grasso e di rabbia, i miei occhi sanno di sabbia e rivincita e la mia anima sa più di benzina che di fede ... cos'altro potrei essere al di là di quello che sono? l'ho chiesto al vento, in una di quelle giornate da chiudere all'alba: ho solo spinto a manetta e ho gridato: fanculo mondo, io sono ciò che sono! nelle mie tasche non è il domani che il mio vecchio raccontava per darmi a bere la vita e nello zaino non sono le speranze che mia madre in ordine ripiegava. ho altro in spalla e di sotto scorre il solito credo: il cielo non pesa e l'asfalto non infama. sono ciò che sono ... un ladro privo di mani, un bugiardo con la lingua mozza, uno stronzo in fondo alle cose del mare ... uno di quelli che è fuori da ogni risma, da qui fino al polo, uno di quelli per cui la vita non scommetterebbe di certo il culo. uno di quelli fatti col cristallo e col cartone, uno di quelli che sa di fogna e di marcio. insomma, "un tipo del cazzo", direbbero le signore in tiro per le feste del santo natale. ma sai che c'è? io continuo a fare strada, colla fiaschetta piena di roba sincera o di anice invecchiato. mi prendo il primo orizzonte da parte e spingo fino a quando si spengono le luci, tra dio, là in alto, e le mille promesse dei bifolchi di xitta, qui in basso. adesso ho la strada davanti che dice: ehy, io ti prendo con me ... sei quel che sei.
ho imparato, perdendo, ad essere tempo, figlio e marito. ho imparato, morendo, ad essere pietà, padre e fratello. ho cercato di rimediare lo svantaggio svendendo il mio peso e la mia ombra di fianco. ho cercato di seminare tuoni e di coltivare lava battente. sbagliavo. e l'ho detto a me stesso. ora sono cicatrici e vicoli ciechi nel cuore. ghiaccio, neve e scirocco, fin l'ultima dannata goccia di carburante nell'anima.
ma ho la strada davanti ... fino alla prima stazione.
e riprendo, randagio per sempre, da dove ho promesso a me stesso: ci sarà dell'altro, mi gioco le palle.
fin sotto i fiori bianchi dell'ultima collina.
SaF
QUESTA E' UNA PREGHIERA, A TRATTI E' STRUGGENTE.
RispondiEliminaSI'LO E'....NON CONVENZIONALE,RIELABORATA,FORSE BLASFEMA,SICURAMENTE LAICA....PRODOTTA DA UNA GRANDE SAPIENZA E CULTURA... LA RIELABORAZIONE MODERNA, UMANA E SCHIETTA TRA IL CANTICO DEI CANTICI ED IL CANTICO DELLE CREATURE.
grazie, sei molto buono-a ... falla tua, allora. anche per te, in viaggio, ci sarà un'ultima collina, con quei fiori bianchi di sotto .... vbz
RispondiEliminarespirare la vita fino in fondo è molto più che una promessa...
RispondiEliminauna carezza, ci sta.
A questo brano manca solo una colonna sonora: io sento nell'aria un tappeto musicale come solo sergio leone saprebbe costruire, qualcosa come "C'era una volta in america". Io non viaggio molto, ma quei fiori bianchi di sotto, li vorrei toccare anch'io.
RispondiElimina