08 novembre, 2012

mystérium fídei, di vitobenicio zingales

mystérium fídei

era l'incenso e l'eterno spezzava in frantumi. i madrigali riunivano colpe e intenzioni e d'un fiato i vinti andavano riproducendo ai confessionali la forza dell'antico "actus". la sua prospettiva coltivava ai fedeli l'altrove promesso e dal transetto alla cupidigia dei presbiteri la sua parola mostrava altari ai peccati sfuggiti. lungo quella linea di tempo nessuna umana artimetica avrebbe sottratto bellezza a quell'apogeo perfetto, nonostante l'avversione alla fede e il disgusto per quelle sconvenienti e metafisiche promesse. il paese apparteneva alle navate e come col possesso lì si disimparava l'arte di servire satana. la concentrazione dei fedeli, guastata lievemente dai piccoli delitti, ancora aggrappati alle vene dell'anima, correva verso il centro dell'altare per farsi una con l'eterna coerenza del perdono.
 
l'elemosina era pronta ai sensi di colpa e a rendere pari la potenza del patto.
 
giunse il momento di uccidere il cristo e per i fedeli di forzare l'oblio: ci si consacrava angeli, ai piedi dell'ara.

era il prete e il suo inferno cominciava dalle ombre che schiacciavano dall'alto.

prendete e bevetene tutti: questo è il calice del mio sangue, per la nuova ed eterna alleanza, versato per voi e per molti in remissione dei peccati. hoc facite in meam commemorationem.

il prete, elevato il mistero alla croce, recò, liquido, l'uomo alle labbra.  
 
e negli occhi di lei, sulla settima panca, lui si guardò morire.  
 
in nomine patris et filii et spiritus sancti. andate, l'offerta è mandata.   
 
vbz






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