24 ottobre, 2014

Anche la neve va in esilio, di vitobenicio zingales


anche la neve va in esilio

come sempre, in quel posto e a quell'ora, l'apparenza custodiva il rito e gli obblighi che istruivano il freddo. cento metri di solido inverno. cento metri di accenni, malgrado il tatto e quel discreto, ma sconveniente risalire al dettaglio. il cielo gli cadeva in mezzo, a getti … e con quel tiepido risentimento che è dei “vinti”, ma anche dei bastardi.
in fondo, anche lì faceva città ... con quel promettere gesù e un albero di natale a buon mercato. 
a dividere le distanze, il ghiaccio. null'altro, poi il niente. 
“farai tardi, stasera?”
“mi spiace tesoro, abbiamo molto da lavorare …”
l'esercizio all'"arte", esaltava la vergogna, ma anche a quella, dopo quel "certo", momentaneo rigore sentimentale, ci si abitua e ... lo sapete bene, l'abitudine è scaltra..
avanti e indietro, solitamente in tre. allo stesso orario, dall'inizio. e alla stessa ora, stornati i contrattempi, finivano. coincidenti, come il rimorso. non era una piazza, eppure il posto accumulava quel tipo di cose: le attese e il chiudere contratti.
si faceva solo in tempo a sovvertire il pudore e a chiudere gli occhi.

“non prendere freddo.”
“non ne prenderò.”

i fasci di luce, come l'accanire del prurito, su per quel tratto di periferia, propendevano per la procedura consolidata, stabilendo lentezze, attese e deplorevoli riavvii. 
il rimmel e le parrucche esaltavano l'oscenità della menzogna, celando al pubblico gioie e dolori oltremodo intimi per il prezzo del titolo di viaggio. tutto risultava sconveniente, ma le pertinenze dominavano gli effetti e, in fondo, non era solo quella certa "chimica" a provocare tumulti e tempeste epidermiche. la "tariffa" variava dal modo di porsi del cliente e per il tipo di prestazione richiesta e concordata. domanda e offerta qualificavano degnamente il mercato. erano singolari contratti a tempo e si rinegoziavano regole e arbitrii per testimoniare un vantaggio e manifestare un ristoro. e perché tutto risultasse igienicamente perfetto, servizi e clienti sostenevano discrezione e tatto, soprattutto inficiavano legami, altrimenti sediziosi, dannosi e moralmente inopportuni. il negozio emotivo, e i suoi letali contagi, venivano messi in mora, e ogni volta che il tentativo si esaltava nella speranza. alla fine, la logica avrebbe esercitato il diritto alla forza al di là d'ogni giacente o pendente pretesa ...

“quanto?”

sebbene fosse semplice, la domanda possedeva l'infinità del colera e al solo accenno, quel lieve enfisema di parole, appena gorgheggiato, faceva come espandersi e propagare, prima in alto e alla fine, soprattutto quando era il gelo in inverno, in terra, "sporcando" la neve.

“quanto?”

nonostante il disprezzo per quell’affare da sbrigare e concludere, ci si disponeva come sanno i mercanti sul punto di chiudere una trattativa immorale, ma indubbiamente assai vantaggiosa. e se dall’altra parte si stava a rinegoziare il dubbio, in quel genere di mercanti s’innescava la più malcelata tra le ansie. tutto ciò era nel mestiere di chi poneva il dubbio e di chi ne accoglieva il velato oltraggio.

“quanto?”

e se tra le parti si giungeva ad un compromesso più che accettabile … beh, era fatta.
dileguavano nell’ombra e chiudevano l’affare: i "clienti", la neve e quel muoversi predatorio, a scatti. la monotonia di quei gesti era pari solo alla puntualità del rito e se biasimevole o meno fosse la circostanza, quel pezzo di strada di certo non veniva meno agli impegni assunti … con la vita e con quei particolari mercanti. tutto il resto propendeva al silenzio e, se non era particolarmente freddo, il ghiaccio scioglieva nella neve, paziente.

“quanto?”

il portico, tra genziane e colonne, acquiescente solo con le penombre, quella sera invece, accomodò anche il pianto. quella sera … insolita e lenta, spinse il sottrarre a fare i conti con il sospetto e con ciò che da giorni rimaneva del resto.
il tramadolo a rotazione, che custodiva il pretesto, ma non la circostanza, sovvertì solo per poco tempo le pazienti ragioni del dolore.
 
“non c’è null’altro … nient’altro da fare?”
“ha aggredito tutto … mi spiace.”
"quanto?"
 
chiuse gli occhi. e attese l’oltraggio.

“farai tardi, stasera?”

il cliente, supponendo il clamore dell'impatto, fissò il silenzio cadere nella neve. alla fine risalì l'orgoglio e la presunzione, più che infantile, di chiudere l'ultimo contratto.

vbz

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