21 ottobre, 2014

Eutanasia di un istante, di vitobenicio zingales


eutanasia di un istante

vostro onore, signor avvocato

più di quanto potrà essere giusta la sentenza che emetterete, sarà quel senso di amarezza che proverete a rendere assoluta giustizia, e sopra ogni cosa, al nostro infranto pudore … perché se il trionfo inonderà quest’aula, per l’osservata e rispettata giurisprudenza, certamente il vostro dilemma, emerso già dalla vertigine dei più intimi sentimenti, scolpirà nel bronzo della colpa il silenzio più urlato. e non potrete agire altro, dagli stridenti scranni di questo sacro edificio.
oggi si celebra l’ammissibile prova. oggi si da atto che l’elemento probatorio supera ogni fausta e semplice verità e sempre oggi si rinforza il potere di quella legge che, se nel diritto fonda il suo criterio, nella compassione non trova alcun rimedio. ed è nel nome della legge, e di quel popolo sovrano, a cui riferirete i fondamentali della norma, distanti tanto dal vano della pietà, quanto dall’irrilevante promettere umano. è vero, vostro onore, sanerete il configgere tra le parti, equilibrerete la disputa e ristorerete il danno, ma non darete giustezza, con l’algida logica dei vostri commi, agli scompensi del cuore, alle tribolazioni dell’anima e al sottrarre del caos.
ammetterete a discarico, parole e fatti e in pregiudizio, disegnerete impianti e strategie, tra comportamenti e condotte al di la' dell’essere morale il retribuire dolore, aldilà dell’essere etico lo scarificare il sangue di chiunque abbia perduto nel sangue
.

tra le colonne di questo tempio, fra codici e omologhe, giudicherete responsabilità e colpe, misurerete il dolo e il vizio, ma riuscirete a calcolare il rimorso e il rimpianto? e le ragioni di una legge saranno così puntuali da misurare il pentimento e la sofferenza? sarete capaci, con i vostri convincimenti, di infliggere la giusta pena e di risarcire alle parti quel presunto maltolto? soprattutto: darete pace a chi ha ammesso, spogliandosi di quel sangue, d’esser stato muto e sordo al radiante genere del sole?
classificherete mostri e portatori di purezza, nello stesso modo con cui fa opportuno ad un corollario essere a fondamento di un’inferenza o di un logico arbitrio, ma rinuncerete a spalancargli dentro i vostri occhi … nel timore d’esser preda del più improbabile dei contagi. e avrete ragione chè qui non si legge lo strazio e il cammino, altrimenti sfuggirebbe al controllo della legge sovrana la sacralità dei binomi perfetti: causa-effetto, azione-reazione, danno-ristoro. se lo faceste, e dio non voglia, si porrebbe al dubbio l’imprimatur e al vero la savana nel dominio delle sorti.

avverrà che la cattiveria si farà scaltrezza e che ad ogni passo il “cliente” suggerirà, sulla parte molle dello scudo avverso, enfasi di maglio e tortura di scalpello. avverrà che la bruttezza si farà serva alle attese della legge e che l’ago della bilancia migrerà tra le parti di chi, alle carni dell’anima, inferirà il culmine più velenoso della lancia: actor debet venire instructior quam reus. verranno sostenuti il marmo della prova e, riguardosi dell’ortodossia, in facto e in diritto, verrà alimentato l’atanor del rancore: lex est araneae tela, quia, si in eam inciderit quid debile, retinetur; grave autem pertransit tela rescissa.

in questa risplendida aula di giustizia, vostro onore, contemplerete quelle “sovrane altezze”, vessillo di universale rispetto e antica pietra angolare, e da quel pianoro osserverete la legge dirimere l’aspro di un conflitto, altrimenti al soldo di una lama o alla bava di un incisivo. ma da quelle vette, ed è a voi signor avvocato a cui rivolgo la mia supplica, riuscirete a scorgere il dolore che taglia, pelle su cuore, il rimorso che infiamma, vena su sangue, il pentimento che spezza, osso su carne? riuscirete ad ascoltare quell’”urlo invisibile” che risuona onice dal tumore dello strazio? e il vostro esser vigile e destro, non appena i vostri palmi rideranno ad emessa sentenza, saprà colmare il solco di quell’unico, sperduto e solitario cancro? la vostra parcella sarà il giusto compenso … e a quel dolore, riserverete, sovrabbondante, un vostro fugace istante. ma i ricordi, e la memoria, rimarranno appiccicati alle anime dei disputanti e in loro avverrà l’abbrivio dell’inferno e della eterna colpa. la legge verrà attesa e al giudizio tornerà il conforto della pena inflitta.

transiterà perfetta la cerimonia della legge, fra le navate del tempio e la santità dei grembiuli degli obbliganti. sul banco, sulla stessa anima lignea, riluceranno la speranza e il dispregio, la giustizia e il rancore, la legge e la vendetta.

“in nome della legge e del popolo sovrano io ti condanno … “

espierò la mia pena nel canto di casa, tra i cavedii risuonanti penombra e il disfatto di un calice ripieno. misurerò il giudizio con il cieco respiro fermo nell’arido palato degli occhi … e leggerò la motivazione della sentenza di condanna nella solità del mio palmo che ancora per tempo chiederà abbandono e per-dono. lascerò che il popolo sovrano emetta le sue “conseguenze” e rimetterò alla fede i silenzi della mie ultime forze. subirò la pena e la norma, osserverò la legge e mi farò vivente punizione per restituire al domani del mio giostrante il richiesto cielo inopportunamente respirato. riequilibrerò il dettaglio mancante e mi farò pasto per erigere alle sculture dell’oblio quell’atteso e salvante cibo.

nonostante la morte nel cuore, mi offrirò a dialogo a dio. 

avete arma del delitto, movente e confessione.
ho ucciso mia figlia, a sei mesi dalla sua morte, nel pieno conclave del suo dolore. 

ma il giudizio, credetemi, mi riaffida un seme.


  


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