21 ottobre, 2014

L'esattore. The panorama blue sky, di vitobenicio zingales


l'esattore. the panorama blue sky

l'atto di dolore recitato alla fine del salmo giornaliero, il solito bicchiere di tiepido latte schiumato, la medesima balenciaga quadrettata e il risciacquo ordinario tra denti, corone e gengive. in orario, come sempre, senza fomentare pretesti e inutili pretese. dentro le pertinenze condominiali del suo lindo e più che anonimo bilocale di periferia in culo alla luna. alle sei punto trenta … che non sbatte al mondo più di quanto possa fottere al superiore vicino di casa. 
“buongiorno … un caffè.”
“ (… stronzo!)”
all’alba, prima di dio, nella geometria perfetta dell'alternanza, tra tombini e pali, il destino o la pragmatica di più laiche combinazioni elaborava duplici prospettive … 
che era una di quelle solite mattine, lo sapeva il primo come il secondo dei due. ma l'uno - o forse l'altro? -, però, avrebbe dovuto intenderla in altro modo e invece, porca puttana ... sacramentate consuetudini, medesimo proiettivo risalire, stesso rapsodico tragitto … sarebbe bastato un soffio e quel pelo di sguincio non si sarebbe messo in mezzo come il solito trave evangelico.
“macchiato?”
“schiumato, latte caldo, tazza fredda, corto … grazie.”
“( … che stronzo!”)
uno si lasciava scopare dalla vita, mischiando il compiangersi con il dopobarba peggiore che in commercio gira tra i banchi al rione; l’altro immaginava che, scannando il tempo e gli incisivi di quei taluni minchioni del centro, avrebbe reso più sopportabile il farsi scopare dalla vita degli altri.
“buongiorno.”
“ (ma vaff …) … ehm, si buongiorno.”

a piedi. lentamente, con la sua cartellina e il suo 3/4 da persona per bene. avrebbe evitato le consuete sbavature semaforiche, aggirando il viale e attraversando la piazza più in là. in orario, sempre col minuto spaccato. scarpa nera allacciata, camicia bianca, calzino grigio, cravatta blu e tissot con cronografo multifunzione ... come la sua vita semiarredata e quelle scenografiche risalite contabili.

... l'uno.

a piedi, famelico, radente la paleria, con la sua lama da “16” ficcata in tasca e il suo sarcoma moltiplicante nell’anima. avrebbe lasciato la solita panchina del parco, invocando la solita merdosa fortuna. lo stronzo, il figlio di puttana, per anemica, ma esatta definizione. 

... l’altro.

“un cuervo …”
“ce l’hai come pagare?”
“fanculo! e tieni pure il resto!”

a spartirsi l’afa, a quell’ora, erano sbirri in servizio e pendolari, come sempre, in ineludibile ritardo.

“e quanto cazzo ci vuole!?”
“modera i termini bastardo … il ragazzo è andato a prendere il cuervo in magazzino … altrimenti … lì è la porta!”

il "malefico".

“e questa? cos’è?”

il "per bene."

lavori in corso. strada scarificata. la piazza era stata nastrata. occorreva un’alternativa per raggirare il potenziale ritardo e per dare al capo, lo stronzo del suo verginissimo deretano in perfetto orario. gli toccò fare due conti. alla svelta.

“il vicolo, torno indietro o il tram: vada per il vicolo, perderò solo un paio di minuti, ma sono in anticipo già di cinque. dio vede e provvede ..."

il mondo, talvolta, è solo una dannata questione di numeri. 

“e allora ‘sto cazzo di uno schifoso cuervo?”

e sul banco, anche se in ritardo, giunsero un bicchiere e il destino …
cento metri di destino in fondo al culo del vicolo …

“ingoialo alla svelta e fuori dal mio locale!”

è una striscia elevata al niente. una di quelle che devi far presto a metterti tutto alle spalle. sempre in ombra, con le ore che, come indegni cazzotti, ti piombano tra palle e stomaco e con quel puzzo tagliente di cagne prive di denti. è uno di quei budelli col cielo che ci prova sempre, ma tanto lo sa che è fiato sprecato. uno di quelli che talvolta è la vita e manco t’accorgi. una vena di catrame così nera che neppure a scartarlo gli verrebbe in mente alle puttane più in bolletta in strada per tirare avanti. il locale ci sta in mezzo: "the panorama blue sky" ... una stella di schifosa bettola che pare l’inferno e il paradiso insieme, a seconda di quel dio a cui si rivolge la parola dopo aver fottuto il culo al proprio vicino di stanza.
chissà per quale cazzo di motivo dio la cosa la volle così, ma quando furono a due passi l’uno dall’altro, alla vita bastò quel solo pretesto per non chiedere altri cavilli ai millimetri della più igienica sorte. e lasciò fare all'eventuale potenza del danno, mentre il sole, già da quell’ora, ne tentava, e invano, una delle sue per fottere l’ombra.

the panorama blue sky.

quando è un coltello a dirti la vita e a raccontarti la morte … in quel preciso, dannato istante hai solo il tempo di ricordare agli occhi che al mondo non sbatterà di tenere a mente l'invariabile colore dei tuoi occhi.
e tutto senza il cristo di un’ave maria a portata di mano.

“ehy signorino e dove cazzo vai a quest’ora?”
“buongiorno, mi scusi … ma, dice a me?”
“e a chicazzo sennò? vedi qualcun’altro, per caso?”
“mi scusi, ma avrei una certa fretta …”
“non voglio rubarti molto del tuo tempo … solo due secondi … “
“non voglio apparirle scortese, ma dovrei andare … sa l’ufficio …”
“signorino: e di qui col cazzo che passi!”
“cosa?”
“hai capito bene. sai cos’è questo? è un signor esattore … 16 centimetri di esattore colle palle … e ora se non ti spiace mi dai portafogli e borsetta. intesi? con calma … e non si farà male nessuno.”
“va … va bene … ma, non mi faccia male … “
“svelto, forza coglione … la borsetta …“
“il portafogli è nella cartellina … ecco … ecco, aspetti che lo tiro fuori, ecco … “

alzò il cane, distese il destro, la tenne salda e senza mirare fece fuoco centrandolo in pieno. dalle brevissime distanze. in pieno volto, tra gli occhi. gli spaccò la faccia e l’anima. insieme a tutta quella merda di piccoli e infami ricordi. il 9mm, della 357 magnum, vibrò fuori dalla nuca, conficcandosi alla fine, in uno squarcio di muro laccato di piscio. volando, lo stronzo numero 2, cadde in terra nell'anagrafe del suo sangue abusivo. prima di consegnare alla morte l'intero incarto, la vita lo strattonò per pochi istanti ancora. poi niente. solo un rigurgito di schifoso cuervo dalle bestemmie sfregiate della bocca.

e il mondo, in quel culo di un vicolo, non ebbe il tempo di ricordare il colore dei suoi occhi.

vbz

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