Oggi ricorrono i novant’anni dalla nascita del grande Alberto Sordi, sento il bisogno di dedicare qualche riga di tributo a questo grande testimone della storia italiana dal dopoguerra in poi.
Ne è testimone poiché ha attraversato quasi un secolo di vita del nostro paese (dalla prima guerra mondiale agli anni novanta) attraverso l’interpretazione di personaggi che a vario titolo rappresentano l’italiano medio, in tutti i suoi vizi e le sue virtù.
In verità più i primi che le seconde. Infatti, i personaggi da lui interpretati sono quasi tutti negativi, poco educativi ma rispondenti a una realtà indiscutibile, dipinti con una cattiveria a volte insopportabile, a volte affascinante ed a volte irresistibilmente simpatica.
Sono davvero pochi i personaggi da lui interpretati nei film (circa 150 in tutta la sua carriera) che oggi hanno perso d’attualità, quei pochi infatti sono rimasti “incastrati” nella loro epoca costituendone paradigmi altamente rappresentativi di quella realtà.
La sua carriera è durata circa 60 anni, si pensi che ha iniziato a recitare nel 1937 a soli 17 anni nel film “Scipione l’Africano” e che solo nel biennio 1954 - 1955 ha recitato in ben 20 films.
Tra i suoi ruoli più belli, attuali, struggenti, simpatici e rappresentativi della sua incredibile carriera voglio ricordare:
l’insopportabile perditempo de “I Vitelloni” di Fellini (1953)
il celeberrimo ragazzone tonto di “Un americano a Roma” di Steno (1954)
l’odioso maestro opportunista di “Bravissimo” di F. D’amico (1955)
il simpatico giornalaio de “Il Conte Max” di G. Bianchi (1957)
il pavido soldato de “La Grande Guerra” di M. Monicelli (1959)
l’incorruttibile vigile de “Il Vigile” di L. Zampa (1960)
l’incapace e improvvido imprenditore de “Il Boom” di V. De Sica (1963)
l’esterofilo antiquario de “Fumo di Londra” di A. Sordi (1966)
il medico arrivista de “Il Medico della Mutua” di L. Zampa (1968 – il mio preferito)
il perseguitato geometra di “Detenuto in attesa di giudizio” di N. Loy (1971)
il cinico ma realista rappresentante d’armi di “Finchè guerra c’è speranza” di A. Sordi (1974)
il tranquillo e feroce dipendente ministeriale di “Un borghese piccolo piccolo” di M. Monicelli (1977)
l’integerrimo giudice di “Tutti dentro” di A. Sordi (1984)
il nobile papalino inguaribilmente guascone de “Il Marchese del Grillo”
di M. Monicelli (1981)
e tanti, tanti altri ancora.
In tempi in cui in Italia ci sono ministri della Repubblica che fanno suonare Va’ pensiero al posto dell’inno nazionale all’inaugurazione delle scuole, radio che tifano Paraguay all’esordio dei mondiali di calcio, esponenti politici di primo rilievo che dichiarano che il Sud è campato dal Nord, mi piace pensare ad Alberto Sordi: Grande Italiano.
Auguri Albè.
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