16 febbraio, 2009

Più famelici dei mafia. di vito benicio zingales


E per quanto ingiusta potesse apparire l'intera vicenda, ma su quella strada, il potere dei Galanti, aveva esercitato una tale forza da non poter non supporre che fosse stata la medesima famiglia a scriverne le sorti e la più intima storia. La quantità di azioni e di gesta, compiute dai Galanti e che pervasero quel lembo di città, riuscì a modificare tutto ciò che altri uomini, in più di cent'anni di storia, non riuscirono a cambiare. La forza di quella famiglia impose alla strada colori, odori e respiri e per quanto possa sembrare improbabile quel potere illimitato ne condizionò perfino il tempo... e Giacomo Galanti ne controllava, ancora oggi, i segreti e le frequenze. Ma chi si misurava col tempo e la legge della strada, era la gente del Borgo che giorno dopo giorno viveva l'influenza del potere della fratellanza: da Ciccio La Corte "due soldi", del bar all'angolo con la piazza Castrovinci, a Michelangelo Cattaneo, "Bellicapelli", biscazziere e puttaniere di professione. Ed era nella gente di strada che pulsava il cuore del don, e giusto o meno che fosse, quella gente gli attribuiva il titolo e la dignità che si riservano ad un buon capo. Per me era difficile comprenderne i motivi, ma il rispetto che gli veniva riconosciuto era talmente grande, che veniva naturale considerare quell'uomo come qualcosa che va aldilà del concetto stesso di uomo o più semplicemente ancora, Galanti era... la strada ed era noi. Ma in quegli occhi c'era ancora silenzio. Non lo interruppi... era chiaro che desiderava, in quel momento, appartenere soltanto ai suoi ricordi . (da "Cosa di Noi. I ragazzi di Sala Paradiso", ed. Clandestine, 2003)

Immaginai la scrittura di "Cosa di noi" anni fa. A cinque anni dalla pubblicazione del romanzo tornerei a far parlare i miei "eroi". E proprio fra queste parole che delineano uno tra i passi fondamentali del libro, inserirei più di una vivida battuta.
Così forse....

"E nonostante i tuoi sforzi nell'immaginare tutta la cosa, niente sarà al confronto di quello che proverà la tua coscienza quando verrai a sapere della politica.
Certi uomini a capo di certe "famiglie", che nel continente chiamano cordate, si dividono la Sicilia e l'Italia. Nelle loro mani, sporche di sangue e abili all'intrallazzo, è il potere. Lo gestiscono come meglio credono e come più aggrada ai loro criminali scopi. Decidono della sorte del paese attribuendosi primati e diritti che se non vengono da Dio derivano direttamente da Gesù Cristo. Hanno saccheggiato tutto nel nome di una Legge e in nome di una Bandiera. Hanno seviziato ogni piccola particella costituente l'intera idea di Democrazia. Sfrenati, avidi, affamati ladri e viscidi delinquenti hanno messo all'ingrasso i loro fratelli e i loro figli, i loro degni compari e la moltitudine dei loro pari... nel nome di un interesse comune e per conto di un ipocrita ideale associativo. Ciò che era stato edificato nel passato per il medesimo bene condiviso, per mano loro oggi è solo polvere e fango. Hanno violentato e seviziato, saccheggiato ed umiliato per quei taluni scopi che in nome delle sovrane leggi li rendono vergognosamente ricchi ed eternamente intoccabili. Dal più piccolo parlamento al servizio della Cosa Nostra al più grande tempio consacrato alle gesta della nuova tirannide. In nome della politica, per conto di un'interesse esclusivo hanno lapidato l'intera dignità di un paese. I più potenti sono a Roma. E' per mano nostra che siedono fra gli scranni del potere. Sono peggio di quello che altri si ostinano a credere come fra i più famelici e avidi animali. Peggio di quello che si attribuisce alla sporca mannaia della mafia.
Quando tu verrai a sapere della politica voglia Iddio che tu abbia la capacità di turarti il naso... e nello stesso tempo di reagire e di credere nel sogno sovrano della rinascita... "

Ecco... probabilmente questo sarebbe l'incipit del nuovo "Cosa di Noi", romanzo che penso scrivere a breve.

E' troppo? E' poco? Pesante? O molto lieve?
E se vi dicessi politica? Cosa vorreste dirmi?
Foto di Luca Lucchesi

8 commenti:

  1. Oserei di più!
    Ad esempio del silenzio di cui si nutre la mafia, dell'apparente convivenza civile, un pò come sta accadendo qui su "al nodd" in una delle tante città provinciali ricche e tranquille...
    Oppure oserei di più ponendomi una domanda: da logiche di mafia si entra o si esce?
    Tempo fa leggevo una lunga intervista a Buscetta e mi colpì quando disse che non ricordava il suo ingresso, "che da sempre da bambino” ne assorbiva l'essenza e di come, schierarsi dalla parte della legge, avesse comportato profonde cesure sul fronte degli affetti più intimi.
    Mi pare che uscire è un processo di discriminazione che riguarda un' intreccio di vincoli non solo di tipo sociale, ma anche familiare e per questo più complessi. La confusione di ruoli e funzioni si appiattisce su un unica logica.
    L'idea di bene comune, come la salute, l'istruzione, il lavoro diventano terra di conquista, di sopraffazione.
    Non so, azzardo, ma non vedo molta differenza tra queste logiche e ciò che sta accadendo nel nostro paese dove la politica parla una lingua morta. Che non scende nell'agorà per discutere, analizzare i problemi, scegliere valori ispiratori che possano garantire tutti, che non coglie la complessità della realtà nè tanto meno si preoccupa di ricercarne risposte, necessariamente, complesse.
    Per tutto questo occorre studio, pensiero, rigore morale ed etico e molta generosità.
    Ma lo considero un dovere di tutti, ciascuno con le proprie capacità.

    Pare però che ai più non interessi per nulla, che gli basti il proprio orticello...sempre più ristretto, fino ad arrivare alla periferia del proprio corpo, del proprio sentire, del proprio singolo impulso...

    Un filosofo, R. Bodei, in un agile libretto, associava la politica alla ricerca della felicità...

    E' troppo?

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  2. E' passato troppo tempo dall'espressione "zoòn politikòn" di un barbuto signore greco...E questo tempo è divenuto marcio. Il fine ETICO di un uomo dovrebbe essere la politica, cioè la condivisione comunitaria di un fine, di un progetto di progresso, di crescita. Secondo sempre quel tizio barbuto...nessun'altro ha questa natura politica, né animali né dei.
    Ma purtroppo i fatti lo smentiscono.
    Sei stato, con le tue parole, attento e per nulla lieve.
    Il potere (politico, imprenditoriale, criminale) logora senz'altro chi ce l'ha, ma soprattutto chi lo subisce.

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  3. e dopo aver letto i vs commenti, io cosa dovrei aggiungere? Solo quello che si legge fra le vs.righe e che sento anch'io: demoralizzazione.
    Sono preoccupata, amici, sul serio!!!
    Sento parlare coloro che dovrebbero " governarci " e l'unico pensiero che fanno nascere nella mia mente è quello dell'assenza di confronto, di crescita...forse sarete d'accordo con me quando affermo che quest'assenza non caratterizza solo il loro operato ma anche ( in generale )quello di noi comuni cittadini...

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  4. Caro ale,
    non azzardi affatto. Qui è la terra delle minime differenze. i confini sono così labili da scambiare un sogno per un'ossessione, una palude di grasse "buffe" (rospi) per uno stagno di bianche diatomee. Propensione e natura hanno facilitato il compito alla più che famosa centenaria cecità. e in questa landa di cialtroni e buffoni, la mafia ha operato con quella raffinatezza che è pari solo alle abili mani della più operosa fra le merlettaie. all'ingrasso sono andati i molti e i più per causare a quelle "differenze", e me lo lascerai passare, il più straordinario oblio di confini mai manifestato in cent'anni e passa di solitudine sociale. Ma la politica... da più di un ventennio s'è trasformata in un fatto così assolutamente inclassificabile che Lorenz o Bodei pur volendolo non potrebberlo assumere in scrittura.
    un abbraccio, vb

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  5. Cara October,
    se quel barbuto signore vivesse ai nostri tempi scriverebbe che la politica per sostanza è pari all'effetto del più esecrabile fra i delitti. e riuscirebbe a stupirsi della natura di taluni politici e politicanti: ancorchè uomini rigenerano fra le paludi illuni della più arida steppa e sopravvivono grazie a quel grasso che per forma è pari al doppio della propria umana inconsistenza.
    un abbraccio, vb

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  6. Cara Ro,
    in questa particolare genealogia della morale è la natura del dilemma: nonostante il sistema politico abbia inaspettate capacità equestri e di trasformisti frombolieri, vanto assoluto fra i propri fondamentali, gode del proprio fallimento che è all'origine della nostra sopravvivenza. del nostro orticello abbiamo solo cura di non lasciarne l'aria a quei dannati e letiferi tanfi. ma per quanto tempo ancora?
    un abbraccio, vb

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  7. No!
    Per quel che mi riguarda, se pur con senso di realtà, ritengo che i periodi bui della storia sono sempre esistiti e la mia personale tensione è cogliere e dar fiato a ciò che è vivo, creativo e che porta ad alzare lo sguardo, a guardare oltre.
    La lingua morta della politica è anche la nostra.
    Ne più e ne meno.
    E questa tensione è per me estremamente intrigante perchè nessuno sa in che direzione evolverà la storia.
    Anche questa crisi economica che ha rivelato la fragilità di un modello in cui tutti noi abbiamo creduto, ha ancora molto da rivelarci su ciò che realmente serve all'Uomo.

    Un grande filosofo, W. Benjamin, teorizzò che la distruzione non è solo separazione da ciò che non è più, ma è anche la possibilità di avere uno spazio libero per costruire dell'altro.

    La questione va dunque rovesciata!
    Non si tratta di difendere un orticello dai dannati e letiferi tanfi, ma far saltare gli steccati e far entrare tutta l'aria possibile.

    Toccherà poi a noi discriminare!

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  8. Caro Ale,
    mi trovi d'accordo. trovando la comune intesa, un progetto condiviso, fra giustizia e giustezza, morale e impegno popolare, ricreando quei liberi spazi associativi agognati dal basso e quell'etica mancante, fra confini e differenze ricostruiremo l'itinerario... verso la superiore idea di Democrazia.
    grazie e un abbraccio
    vb

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