Un posto (al sole) alla Regione
Fin da ragazzino ho avuto il sogno di diventare funzionario di pubblica amministrazione. Dai tempi in cui alcuni pomeriggi andavo a trovare mia zia all’Assessorato alla Presidenza e mi aggiravo tra quegli uffici che, quasi sempre vuoti, profumavano di pelle e le cui finestre si affacciavano su una sempre trafficata piazza Don Sturzo.
Crescendo tale sogno è divenuto desiderio.
Un desiderio dettato vuoi dall’incertezza occupazionale che regna sovrana in Sicilia, vuoi dall’orgoglio che avrei provato se fossi divenuto un dipendente dello Stato, vuoi dalla possibilità di intraprendere una prestigiosa carriera in pubblica amministrazione, vuoi dalla stabilità economica e previdenziale garantita dall’occupazione statale.
Pertanto, da bravo giovane in cerca di occupazione mi sono cimentato negli anni passati in alcuni concorsi per accedere in pubblica amministrazione, ma aimè con esiti negativi.
Ma da diversi anni a questa parte ho rinunciato a partecipare ai concorsi pubblici per accedere alla Regione Siciliana per un semplice motivo: non vengono più banditi concorsi pubblici dalla Regione.
Purtroppo la pianta organica dell’amministrazione regionale è stracolma. Oggi infatti i dipendenti regionali, a tempo indeterminato e determinato, in Sicilia sono quasi 21mila. Cioè, tanti quanti i dipendenti di tutte le regioni del Nord messe assieme!
Un numero spaventoso. Però i conti non mi tornano. Se da oltre 10 anni non si bandiscono concorsi pubblici per accedere in amministrazione regionale ed ogni anno oltre 500 dipendenti regionali vanno in pensione, come mai oggi ci sono 21mila dipendenti?
La risposta è tanto semplice quanto inverosimile: PRECARI.
Si, i precari. Un esercito di disoccupati (oltre 20.000), suddiviso in armate chiamate L.S.U., P.I.P., Ex-articolisti, Ex-detenuti, Borse lavoro e chi più ne ha, più ne metta. Questo esercito, che “occupa” la pubblica amministrazione ai vari livelli (Comune, Provincia, Regione), è un po’ come la Legion etrangere, dei mercenari pronti a “combattere” ad ogni tornata elettorale per il “committente” di turno. Questi disgraziati vanno avanti così da quasi 20 anni. Ad ogni tornata elettorale, il candidato di turno mette sul tavolo della trattativa una bella proroga ai contratti di almeno 2 anni ed i “legionari ingaggiati” cominciano a rastrellare il territorio alla ricerca di voti per il “loro” candidato. Un sistema ormai talmente collaudato che va avanti senza intoppi da diversi anni.
Un sistema che ha permesso di ingrossare a dismisura il numero dei dipendenti regionali, poiché questi precari, nel corso degli anni, sono stati via via stabilizzati, entrando appunto in pianta organica.
Quindi “Mamma Regione” si è ritrovata, nel giro di pochi anni, con numeri e costi spropositati in risorse umane.
Risorse spesso non qualificate, mal gestite e inutilizzate. Diciamoci la verità, basta farsi un giro per gli Assessorati regionali per trovare, ad esempio, cinque persone in una portineria piuttosto che quattro persone all’ufficio posta in entrata.
Purtroppo negli ultimi 15 anni la Regione non ha assunto personale tramite concorso pubblico (tranne l’A.R.S.), questo significa che da almeno 15 anni non accedono ai pubblici uffici risorse umane qualificate, magari qualche giovane con una bella laurea, un bel master di specializzazione o un bel diploma tecnico. Niente di tutto questo: solo precari, la maggior parte dei quali solo con la licenza media, buttati negli uffici a fare le pulizie, a fotocopiare, a passare le carte e a sorvegliare le portinerie.
Negli ultimi 15 anni, e chissà per quanti anni ancora, è stata negata, de facto, anche solo la speranza di un futuro nella pubblica amministrazione siciliana a migliaia di giovani disoccupati ben qualificati (e c’è ne sono tanti) ignorati a beneficio di soggetti che sono stati selezionati senza concorso pubblico, non per maggior merito o intelligenza, ma solo per obbedire a logiche clientelari che hanno avuto come obiettivo solo la conquista di un seggio alle prossime elezioni.
Non ho nulla contro i precari, né voglio abbandonarmi a derive qualunquiste, ma provo tanta rabbia nel vedere molti miei amici, alcuni dei quali andati via dalla Sicilia, giovani avvocati, medici, commercialisti, architetti ed ingegneri (davvero di belle speranze) non riuscire ad avere una dignitosa collocazione nel mondo del lavoro.
A questa gente, in Sicilia, non viene data nemmeno la possibilità di misurarsi in un pubblico concorso, mentre ad altra gente, che magari in un quartiere popolare riesce a raggranellare 200 voti in campagna elettorale viene dato, senza alcuna prova da superare, un impiego, uno stipendio, una speranza di futuro, una vita.
Concluderò osservando i costi sociali altissimi che questo abietto sistema è in grado di generare.
“I precari” restano per anni in ostaggio dei vari politici di turno che promettono la stabilizzazione lavorativa in pubblica amministrazione.
“I giovani di belle speranze” vanno via dalla Sicilia, che si impoverisce così della vera fonte di sviluppo: le risorse umane qualificate.
“I contribuenti” pagano l’enorme costo del personale di questo titanico “carrozzone burocratico” (oltre 1 miliardo di euro all’anno) ricevendo in contropartita fra i peggiori servizi pubblici del nostro paese.
Nessun commento:
Posta un commento