16 febbraio, 2011
pz.n.128 caravaggio,di vitobenicio zingales
caravaggio
da via porta di castro ai quaranta martiri alla guilla scorre il passo verso il monserrato.
è mezzanotte e dal duomo al gioco dei canti, la distanza disegna il ricordo di un segno: lo zero e la perfezione dell’inganno. ai margini, proprio dietro l’orda dei macellai, in ombra, è marco merisi, inteso “u caravaggio”, lo scalpellino della luce.
dall’alto della torre muove il rintocco e la sua premura: qui il velluto del tempo non compiange l’abbondanza dei morti. dappertutto è nero e tra i palmi solo sabbia di sangue. nel frattempo, al centro della piazza, in terra sfrega l’allusione di un’ombra. il silenzio riempie lo sconforto. caravaggio sa la città e quella piazza: dalle teste dei vitelli uncinati, ai poveri coglioni pronti alla forca insieme ai loro rimpiazzi. merisi ha già scolpito le verruche e i pruriti dei santi. sa del palato dei porci e custodisce il segreto dei cardinali, conosce i puntali del desiderio e il godere femmina dei nani. dall’atrocità delle bestie ha imparato la perfezione degli effetti e dall’abominio dell’uomo l’eludere del verme. possiede l’amore di magdala e la compiacenza dei bugiardi. sa le gravidanze dello schifo, le protuberanze e il sangue ulivigno.
la città lo evita.
è il boia.
il passo è lento. saldo. inaccessibile perfino ai turgori dei froci e alle voglie dei minchioni. dentro ha sangue di bestia, ma fuori e negli occhi è radiante il tempo del corvo. al rione possiede un nome: lazzaro, alchimista e sensale del ghiaccio.
la città lo detesta.
è il bastardo.
caravaggio sa che è il momento. ha già trovato quel velluto di luce. lo scalpellino è pronto. e palazzo steri illuminato.
tralicci e vapori. verso i cieli di sotto.
da mezzanotte a quel numero che è zero.
caravaggio al margine, lazzaro al centro e i bravi ragazzi, gli infami, a distanza.
di lì a passare è carne di angelo.
lazzaro è lupo. e ha fame di sangue. alle spalle.
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